La giornalista e scrittrice dal 1967 all’anno successivo fece tre viaggi in Vietnam come inviata. Pubblic sul settimanale L’Europeo una serie di reportage nel 1968. Questo l’ultimo. Questa esperienza fu raccontata nel saggio Niente e cos sia, scritto nel ‘69
Gran parte delle firme storiche del Corriere della Sera hanno scritto articoli che fanno parte della storia di questo giornale e del Paese, sul quotidiano come su magazine storici quale fu L’Europeo. Dal numero di 7 in edicola il 19 maggio, vi proponiamo questo pezzo firmato da Oriana Fallaci che apparve sull’Europeo nel giugno 1968. Buona lettura
Ieri l’altro hanno ammazzato il deputato Bui Quang Sang, leader quarantacinquenne del partito Kuomingtang. Lo hanno ammazzato in casa, mentre scriveva una lettera seduto alla sua scrivania. Sono entrati due uomini e gli hanno sparato nel collo e nel petto, uccidendolo sul colpo, poi hanno ingiunto alla moglie di non muoversi dalla cucina e sono usciti lasciando sulla scrivania una sentenza di morte. La sentenza era scritta a macchina, firmata dal Fronte nazionale di liberazione, e diceva che Bui Quang Sang era stato riconosciuto colpevole di crimini contro il popolo, inoltre d’aver permesso a suo figlio di lavorare con la Cia. Il corpo di Bui Quang Sang stato portato all’Assemblea nazionale, che di fronte al mio albergo. La camera ardente stata allestita nel salone delle conferenze, che di fronte alla mia stanza. Le sue finestre sono proprio dinanzi alle mie, solo un piano pi in basso. Cos ovunque mi muova continuo a vedere il catafalco di Bui Quang Sang, il suo cadavere illuminato dai ceri.
Ho provato a chiudere le persiane: ma il bagliore dei ceri si riflette lo stesso nei vetri. Ho provato a tirare le tende: ma il puzzo dei ceri mi raggiunge lo stesso, insieme a un altro che annuncia la decomposizione. La camera ardente rester l due giorni. La faccenda particolarmente sgradevole da quando un alto ufficiale governativo mi ha confidato che Bui Quang Sang non stato ucciso dai vietcong: la sentenza di morte falsa e la menzogna provata. stato ucciso su incarico di una fazione avversa alla sua poich egli era un sostenitore della necessit di prender contatti con l’Fln per intavolare discussioni di pace. Per si dice che lo scorso agosto, durante un attacco a Quang Nam, sua citt natale, i vietcong gli hanno ucciso sette membri della sua famiglia. Fra i morti, quattro dei suoi bambini. Si dice.
Lungo il canale dondolano le san-pan dei poveri. Le sanpan sono barche dove non c’ un letto n una tavola n qualcosa che assomigli a un bagno, e i poveri ne scendono solo per fare i loro bisogni o per cercare il cibo. Da un san-pan che cade a pezzi si affacciano un vecchio, una vecchia e una bambina sui tredici anni. Possiamo salire?, chiede il mio interprete. Il vecchio si stringe dentro le spalle, accenna un sorriso nel volto di cuoio. Ha 76 anni, si chiama Nguyen Van Hop, questa sua moglie e questa sua nipote Huong che vuol dire Rosa di Maggio. Fuggirono dal Nord nel 1954, dopo la Convenzione di Ginevra. Dice il vecchio: “Tornavo da pescare e sulla strada del villaggio c’ il prete che strilla: evacuare, evacuare! Perch?, dico io. E non voglio in quanto si sta bene al mio villaggio, c’ riso e pesce per tutti. Ma lui strilla evacuare e ci mette sul camion. Senza roba, senza i miei due figli, quello falegname e quello pescatore. Con noi c’ solo mia figlia che sposata a un soldato ed incinta di nove mesi. Dopo tre giorni le prendono le doglie e fa Rosa di Maggio, sul camion. Dopo altri tre giorni muore e ci lascia Rosa di Maggio, che non sappiamo dove trovarle il latte. Perch? Tu hai capito perch ci fece partire cos? Sono 14 anni che me lo chiedo”. Poi allarga le braccia rinsecchite, affamate.
“Sul camion lui ripeteva: siamo cattolici, non possiamo stare con loro, i vietcong sono cattivi. E si arrabbiava perch io rispondevo: a me non hanno fatto mai nulla, sono uomini come noi, non bisogna averne paura. Poi si arriv a Saigon. Non mi piace Saigon, c’ la guerra”. La vecchia annuisce in silenzio. Prepara una radice che contiene non so quale droga, poi la fascia dentro una foglia, la ficca in bocca e la mastica: dalle labbra le cola un liquido rosso che sembra sangue. “Poi tre mesi fa viene un tale e dice: devi votare. Rispondo: per chi? Lui dice: Van Thieu. Io chi sia questo Van Thieu non lo so, per sembra che sia obbligatorio votarlo e cos l’ho votato. Mia moglie voleva votare O Ci-min. Al villaggio lo chiamavano zio O Ci-min e dicevano che un uomo buono. Per non gliel’hanno fatto votare. Perch? Non capisco. Capisco solo che la vita stata cattiva con me, che il Vietnam diviso e io sono di qua, i miei figli sono di l. E mia figlia morta e quando sar morto anch’io, morta mia moglie, Rosa di Maggio cosa far? L’altro giorno venuta una donna, dipinta. Ha guardato Rosa di Maggio e ha detto che non dimostra tredici anni ma sette, va ingrassata e lavata, ma se gliela do mi regala 6mila piastre. Gliela devo dare?”. “No, Nguyen Van Hop, non gliela devi dare”.
” quello che penso anch’io. Hai sentito, moglie? Come dicevo io”. Rosa di Maggio si arrampica sulla san-pan e ride. La vecchia mastica la sua radice e il liquido rosso le cola gi per il mento, imbrattandolo come un’emottisi. Mi ha dato appuntamento alle sette del mattino, dinanzi a casa sua. Non posso dire chi , quale mestiere fa, dove sta: un uomo senza volto, senza et, senza indirizzo, ogni indicazione servirebbe alla polizia per rintracciarlo e arrestarlo. gi stato arrestato, questo posso dirlo perch le circostanze in cui lo presero sono identiche a quelle di altre migliaia di uomini come lui. Un compagno aveva gettato una bomba in un bar. Circondarono il quartiere e arrestarono un parente, che non c’entrava per nulla. Poi si misero a interrogare i vicini, la domanda era sempre la stessa. “Conosci quel tipo?”. Credendo di poterlo aiutare, lui rispose s. Gli saltarono addosso e lo portarono via. Rimase venti giorni in prigione, praticamente dimenticato. Accade spesso quando c’ una retata. Magari si ricordano di te dopo un mese, due mesi, cos ti fanno un’indagine molto sommaria e ti mandano via. “Per fu orrendo lo stesso. Giorno e notte li udivo urlare sotto le torture. Giorno e notte. Che urli. Hai una reazione egoista: non soffri per loro, soffri per te stesso. Pensi: ora fa il mio nome. Nessuno fece il mio nome ed eccomi qui. Per vivo nell’incubo che mi arrestino ancora, si accorgano di aver commesso un errore”.
”Nel Fronte di liberazione nazionale io ci sono da 22 anni, da quando si faceva la guerra ai francesi. A quel tempo l’ordine era: non collaborare coi colonialisti, lasciare le citt e ritirarsi nelle campagne. Io andai nelle risaie, ma non avevamo fucili n munizioni, cos dopo un anno tornai in citt. Fino al 1958 la vita in citt non fu brutta. Diem non era poi tremendo e noi dell’Fln si faceva poco. La gente ci chiamava ‘quelli del cosiddetto Fronte’ e poi il Fronte non era nelle mani dei comunisti. Per lo pi eravamo nazionalisti, liberali, socialisti. Del resto anche oggi il capo non un comunista, un nazionalista. L’avvocato Nguyen Hun Tho. Poi madame Nhu cominci a darci noia, i buddisti a fare le dimostrazioni. Ci parve un’occasione buona e ci mischiammo a loro. Ma gli americani sciuparono tutto, appoggiando i militari. Per questo odiamo gli americani. E poi li odiamo perch ci chiamano barbari, lenti, cretini, e perch sono prepotenti. E le evacuazioni? Se un villaggio in zona vietcong, senta un po’ che cosa fanno. Mandano una compagnia di coreani, che sono i pi spietati, i pi crudeli, poi annunciano con l’altoparlante: ‘Fra 45 minuti daremo fuoco al villaggio. Allinearsi per i camion’. In 45 minuti che fai? Gli abitanti cercano di raccogliere le masserizie ma i coreani non gliene danno il tempo. Li spingono coi calci dei fucili, con le pedate, mentre le donne piangono, i bambini strillano. E poi c’ un’altra cosa. Nei villaggi il culto dei morti profondo: lasciare il tempio consacrato ai morti senza neanche accendere una candela gran sacrilegio. Spesso, prima che il camion si muova, qualcuno corre ad accendere la candela. Ma i coreani non vogliono e mentre corre lo stendono con una raffica”.
Quando le fiamme si alzano sopra il villaggio c’ sempre qualche morto che giace, crivellato di colpi. […] Oggi siamo stati con Barry Zorthian, il direttore del Juspao, nel delta del Mekong: a vedere i villaggi dove sono raccolti i disertori vietcong. stata una giornata molto istruttiva, soprattutto sul signor Zorthian che un cinquantenne di origine armena, piccolo e grasso, ciecamente convinto che gli americani possano e debbano insegnare la civilt a questi poveracci che non hanno mai sentito parlare di democrazia e di progresso tecnologico. Il signor Zorthian cammina come un imperatore e sorride come un pap affettuoso, indulgente. […] I disertori erano chiusi dentro questi villaggi, che si chiamano hamlets, con le loro famiglie. Gli hamlets sono baracche circondate da filo spinato al di l del quale non si pu n andare n venire. A colpo d’occhio sembrano campi di concentramento. Ho detto al signor Zorthian che mi sembravano campi di concentramento e il signor Zorthian ha risposto ma no, il filo spinato c’ per frenare i vietcong che organizzano spedizioni punitive. Ho chiesto al signor Zorthian quanto a lungo essi potranno viver cos, come bestie recinte dal filo spinato, guardate a vista dagli americani, minacciate giorno e notte dai vietcong, e il signor Zorthian tornato a parlare di democrazia, eccetera. I suoi funzionari erano meno ottimisti.
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Sono attaccati in continuazione dai vietcong e le strade su cui si spostano sono sempre minate. Il fatto che il delta una regione di vietcong, in alcune zone essi raggiungono il 95 per cento della popolazione, per sotterrare le mine non aspettano neanche la notte e… Un funzionario stava dicendo cos quando la jeep su cui viaggiavamo ha fatto una brusca frenata e l’autista s’ messo a gridare che quella terra rimossa, cinque metri pi in l, era una mina. Lo era per davvero e siamo tornati indietro facendo bene attenzione a ripercorrere l’esatto tragitto di prima, con le ruote sulle strisce delle ruote. S, una giornata molto istruttiva. Una cosa ancora pi istruttiva per io l’ho vista mentre col nostro aeroplanino a sei posti andavamo dalla provincia di Quang Nqai alla provincia di An Xuyen. D’un tratto nel cielo sono apparsi, neri come pipistrelli, due caccia americani. Si son gettati in picchiata su un bosco e hanno sganciato non so quante bombe. Ho chiesto chi bombardassero e il signor Zorthian ha spiegato che certo bombardavano una carovana vietcong in cerca di riso. La raccolta del riso in Vietnam incomincia a dicembre e continua fino a gennaio, in questo periodo che i vietcong del nord invadono il delta per prendere il riso. Per loro il riso pi importante delle armi perch le armi gliele manda Hanoi attraverso la Cambogia, il riso no: il riso tutto qui, nel delta.
PER I VIETCONG IL RISO PI IMPORTANTE DELLE ARMI MA NON LO ELEMOSINANO, LO ESIGONO DAI CONTADINI COME FOSSE UNA TASSA
I vietcong addetti alla ricerca del riso sono 20mila. Viaggiano senza scorte e senza fucili, hanno solo le sacche da riempire di riso, e se ne vanno a piedi: per i sentieri nascosti e per i boschi. La loro marcia inizia a settembre, si conclude a marzo, si chiama battaglia del riso. una battaglia in apparenza poetica, in sostanza condotta con criteri scientifici. Infatti i vietcong con le sacche vuote non vanno elemosinando quel riso: lo esigono dai contadini come una tassa. Ogni contadino del delta deve dare ai vietcong una percentuale di riso che oscilla fra il 30 e il 60 per cento dell’intero raccolto: in cambio i vietcong danno loro un foglio stampato dal Fronte nazionale di liberazione col quale, finita la guerra, “potranno domandare il rimborso”. Capita a volte che non tutto il riso possa essere preso. Allora i vietcong esigono il pagamento della tassa in denaro: 18mila piastre ogni quintale di riso. Non v’ contadino, nel delta, che si rifiuti. Chi non obbedisce ai vietcong per simpatia o per patriottismo, lo fa per paura: “Ho una testa sola e voglio tenermela”. Il fatto pi tragico che non solo i vietcong, anche il governo sudvietnamita requisisce il riso: per il venti o il trenta per cento. E cos in certe regioni un contadino si vede spogliare dagli uni e dagli altri, a volte non gli resta nemmeno il riso necessario per s e la sua famiglia. […]
Siamo tornati a Saigon verso sera. A Saigon abbiamo saputo che nel pomeriggio, dentro una di quelle foreste senza pi foglie, c’era stato un combattimento tra una compagnia della 25esima Divisione fanteria e le pattuglie vietcong che proteggevano il ritorno al nord delle carovane col riso. Diciassette ragazzi americani eran morti, 48 eran rimasti feriti. I vietcong avevan lasciato fra i tronchi degli alberi ben 50 cadaveri. La met di loro giaceva coperta sotto tumuli di riso. “Per capire Saigon devi metterti in testa che a Saigon, prima della guerra contro i francesi, vivevano 100mila persone; ora ne vivono 2 milioni e mezzo. Di questi, il 95 per cento son profughi: gente che ha perduto le sue radici e non ne ha trovate di nuove. Controllare i profughi impossibile, spesso non hanno neppure i documenti. Ci spiega perch il punto focale dei vietcong in sostanza Saigon. A Saigon come puoi identificare con certezza un vietcong? Chiunque pu esserlo: potrei esserlo io, potresti esserlo tu. assolutamente vero che il generale Loan ha fatto cessare gli attentati a Saigon, ma c’ una cosa contro cui neppure Loan pu far nulla: lo scontento che a Saigon viene alimentato dai vietcong. Hanno un terreno facile: al tempo di Diem potevi mangiare un pasto completo per cinque piastre e la prostituzione non esisteva. Oggi Saigon un gigantesco bordello e per mangiare un pasto completo non bastano 2mila piastre”.
A SAIGON GLI AMERICANI INSIEME ALLE CASE REQUISISCONO LA VERDURA. IL PEGGIO SONO LE FRAGOLE: SEMBRA NON RIESCANO A VIVERE SENZA…
”Incominci tutto nel settembre del 1965, quando l’annuncio scosse la citt: Arrivano gli americani!. Fino a quel giorno c’erano solo 10mila americani nel Vietnam. Ma all’improvviso furono 75mila e poi 100mila e poi 200mila e ora sono pi di 500mila. V’erano tra loro molti civili e naturalmente gli servivano case. Si presero le case migliori pagandole 500 piastre al mese, e poi 50mila. Insieme alle case requisirono la verdura: ce l’hanno con la verdura. Fecero un contratto esclusivo col Sindacato legumi di Dalat e presto non avemmo quasi pi legumi a Saigon. Ma il peggio sono le fragole. Sembra che gli americani non possano vivere senza le fragole e cos non trovi pi una fragola a Saigon fuorch al mercato nero. Costano quanto i gioielli: anche 500 piastre ogni mezza dozzina. Di’ la parola fragole, a Saigon, e scateni un’insurrezione”.
L’uomo che mi parla il direttore del SaigonPost . Ha studiato Lettere e Filosofia all’universit di Firenze, sa parlare l’italiano quasi come me. Il suo giornale governativo e non puoi certo accusarlo di sinistrismo. Continua: “Psicologicamente, culturalmente, economicamente, l’arrivo degli americani stato un disastro. I prezzi sono saliti in modo vertiginoso: non trovi pi una segretaria a Saigon. Vanno tutte con loro perch loro pagano 15mila piastre al mese. L’intera economia sovvertita: un risci a lambretta guadagna anche 40mila piastre al mese. Se pensi che un medico chiede 120 piastre per visita. Ieri un risci andato a farsi visitare dal mio dottore. Al momento di andarsene gli ha dato 200 piastre: ‘Il resto per la mancia’. Una prostituta guadagna anche 100mila piastre al mese, il mercato nero ormai il mercato normale. Gli antibiotici non li compri pi in farmacia, li compri al Mercato dei Ladri, dove compri anche le uniformi americane, gli zaini americani, le coperte americane, le rivoltelle americane. Gli antibiotici costano un occhio e lo sai perch? Perch i vietcong ne hanno un bisogno disperato e li pagano bene. Guarda, potrei continuare all’infinito. Lo sai perch Saigon sporca? Perch gli spazzini municipali guadagnano poco e nessuno vuol far lo spazzino. No, non ci risolleveremo mai pi da questo caos. Riusciremo soltanto ad espanderlo, come una macchia d’olio, per tutta l’Asia”.
[…] Domani lasciamo il Vietnam. Ci sembra quasi assurdo rientrare in un mondo dove si piange per un morto solo e non si sente sparare i cannoni. In un certo senso ci sembra di fuggire, disertare. Proviamo come una colpa, un rimpianto. Comprendiamo coloro che son qui da mesi, da anni, a rischiare la pelle: c’ qualcosa di magico in questo Paese, in questa citt. Forse la stessa tragedia: lo spettacolo della morte ti fa sentir cos vivo quando sei vivo. Dinanzi alla morte, ogni momento, ogni oggetto, ogni gesto diventano preziosi. E il cibo pi buono, l’amicizia pi profonda, l’allegria pi allegra. Dalla terrazza del mio albergo guardo Saigon. Cos brutta, cos affascinante. Le venditrici di acqua che corrono a piccoli passi sotto i cappelli a pagoda, bilanciando la merce sui piatti a stadera che pendono da una canna di bamb. I risci che si tuffano come bambini ciechi nel traffico folle, esponendoti ai camion, al terrore. Le jeep degli americani che passano con la mitragliera spianata. Le splendide donne dai corpi sottili e dai capelli lunghi che dondolano dietro le spalle come veli neri. Le fortificazioni coi sacchi di sabbia dai quali si affaccia sempre un soldato impaurito, pronto a spararti. Gli accattoni ciechi sui marciapiedi. Le palme verdi dentro i giardini. I taxi luridi che cadono a pezzi. Gli ananassi freschi sul tavolo. Il caldo pesante che ti addormenta in un misterioso languore. Il sospetto continuo che ti sveglia i sensi e il cervello. Infine, una certa saggezza che hai conquistato. Sembra che in questi giorni, nel resto del mondo, la polemica bruci sui trapianti del cuore. La gente, nel resto del mondo, si chiede se sia lecito togliere il cuore a un moribondo cui restano dieci minuti di vita. Qui ci si chiede se sia lecito, con una bomba o un plotone di esecuzione, rubare una intera vita a un uomo che sano. Qualcosa hai imparato in questo Paese, in questa citt, in questa guerra: ad amare il miracolo d’essere nato.
Per gentile concessione di Rizzoli Propriet letteraria riservata 2010 RCS Libri S.p.A., Milano (c) 2016 Rizzoli Libri S.p.A. / BUR Rizzoli (c) 2018 Mondadori Libri S.p.A., Milano / BUR Rizzoli RIPRODUZIONE RISERVATA
Giornalista, scrittrice, prima donna inviata speciale su un fronte di guerra, Oriana Fallaci nacque nel 1929 a Firenze e nel capoluogo toscano morta nel 2006, a 77 anni dopo una lunga battaglia contro il cancro. Fu giovanissima staffetta partigiana nelle brigate di Giustizia e libert. Debutt a Epoca, poi nel 1951, a 22 anni, arriv all’Europeo dove rimase fino al 1977. Sul Corriere scrisse con regolarit dal 1979. I suoi 12 libri hanno venduto nel mondo circa 20 milioni di copie
19 maggio 2023 (modifica il 19 maggio 2023 | 07:20)
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