La ministra, ex radicale, contestata da Non Una di Meno: «Ho invitato quelle ragazze a battersi con me. Ho chiesto di lottare per la libertà del corpo delle donne, ma mi è stato risposto un no aggressivo»
È probabile che Eugenia Roccella qualche contestazione se l’aspettasse al Salone del Libro di Torino. Ma il bailamme che si è scatenato ieri no, un caos che ha esaurito persino le sue energie, che solitamente consuma a scartamento ridotto per via della sua flemma e della sua pacatezza. Ieri le è stato impossibile. Per trattenere la calma ne sono servite tante di energie. E già alle sei e mezza del pomeriggio l’unico desiderio di Eugenia Roccella era di conquistare un posto per riposare e per eclissarsi dall’orizzonte pubblico. «Non posso più impegnare oltre le forze dell’ordine. Per tutta la giornata mi sono state dietro, ovunque andassi», ha confidato ai suoi collaboratori la ministra che racchiude nel suo dicastero tre deleghe del governo (Famiglia, Pari opportunità, Natalità), tutte e tre in un modo o nell’altro prese di mira ieri dalle contestazioni di Torino.
Stanca, provata, delusa, a fine giornata Roccella ha voluto comunque aprire la sua pagina Facebook per dare fondo alla sua amarezza: «Quello che più mi ha colpito, e sinceramente mi addolora, è che delle donne abbiano impedito ad altre donne di parlare». Il libro che avrebbe voluto presentare al Salone è autobiografico e racconta la storia della sua famiglia radicale, di suo padre Franco che il Partito radicale ha contribuito a fondarlo. Vorrebbe fare breccia con i manifestanti grazie a quel suo passato che assomiglia alle ragazze e ai ragazzi che si trova di fronte. Anche lei è stata una contestatrice e vorrebbe far arrivare questo messaggio con chiarezza. Vorrebbe quasi ricercare complicità.
Nella sala della Regione Piemonte ci ha provato:
«Voglio parlare con le persone che manifestano, non voglio che nessuna sia portata via, non lo posso accettare visto che la mia esperienza è stata quella di fare sit in cui venivo portata via», la polizia ha assecondato i suoi desideri, sul momento. E a una manifestante è stato consentito di salire sul palco a leggere un comunicato. Ma non era quello che Eugenia Roccella chiedeva: «Io volevo un dialogo, non la lettura di un comunicato».
Il dialogo. Lo ha cercato inutilmente per tutta la giornata. «Io mi sono resa disponibile fin da subito invitando sul palco per poter interloquire con loro». L’atmosfera del suo libro deve averla riportata indietro al suo passato, quando manifestava facendo cortei e sit in, e quando la sua contestazione più grande è stata in favore dell’aborto. Ora è tutto diverso. La ministra ha ripetuto tante volte di non voler toccare la legge 194, pur ritenendo che l’aborto non sia un diritto. Non è servito spiegare il perché e aggiungere che sono tante le femministe che la pensano come lei. Roccella femminista ci si sente fino in fondo, ma chi la contesta questo non lo pensa. Lei lo ribadisce, con forza: sono una femminista consapevole. Ma nemmeno ieri le hanno creduto.
«Quando ho invitato quelle ragazze a battersi con noi, per la libertà del corpo delle donne, contro l’utero in affitto, mi è stato risposto un no aggressivo e perentorio. Evidentemente per loro non è un problema comprare ovociti da un catalogo e affittare uteri di donne povere». Dopo le tre ore di contestazione nella sala della Regione, la ministra Roccella era stata chiamata a partecipare a una riunione, un incontro privato e improvvisato con questore e prefetto. C’era un secondo incontro da gestire. Ma si è deciso di non farlo, problemi di ordine pubblico.
Ecco che la seconda presentazione del suo libro autobiografico viene spostata nel chiuso di una saletta di un hotel in centro: «Io sono una femminista, sono contro le bio banche, la compravendita dei gameti, l’organizzazione del mercato che c’è intorno…», ma adesso il pubblico non c’è più, la sua voce viaggia in streaming.
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21 maggio 2023 (modifica il 21 maggio 2023 | 07:02)
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