«Pronti al referendum». «Vado orgogliosa dei ministri e del governo, vado fiera di Matteo e sono fierissima di Silvio». Comizio con Salvini a Brescia. E lui apre al premierato «con un’Italia federale»
«Non siamo qui per sopravvivere. O questa Nazione la cambiamo o non c’è bisogno che stiamo al governo». Giorgia Meloni sfoggia i toni decisi e i decibel della campagna elettorale («Finalmente torno tra la gente: questo conta, non quello che scrivono i giornali») per mettere in chiaro che la sua esperienza a Palazzo Chigi lascerà un segno. La premier lancia la sfida: «Se il Parlamento non vorrà approvare le nostre riforme istituzionali ci rivolgeremo ai cittadini con il referendum».
Dal teatro Morato di Brescia, dove i leader del centrodestra chiudono la campagna a sostegno del candidato sindaco Fabio Rolfi (Lega), Matteo Salvini garantisce pieno appoggio rendendo plastico lo «scambio» sul tavolo delle riforme: «Alla fine di questa legislatura avremo un’Italia federale in cui i cittadini eleggeranno direttamente il premier». Autonomia contro premierato perché, dicono in coro i due principali leader del centrodestra, «è l’unico modo per consentire al Paese di fare un salto nel futuro». Fuori diluvia ma dentro il teatro ribolle di entusiasmo. E chi sale sul palco, da Maurizio Lupi ad Attilio Fontana passando per il collegamento con Antonio Tajani da Oslo e il video di Silvio Berlusconi dal San Raffaele, tocca tutte le corde che fanno salire il pathos della platea. A Meloni, sia all’arrivo in sala sia quando è chiamata a intervenire, vengono riservate autentiche standing ovation.
La premier dice che non dà retta a quel che scrivono di lei e per rispondere alle indiscrezioni sui litigi dentro l’esecutivo rimarca: «Vado orgogliosa dei ministri e del governo, vado fiera di Matteo e sono fierissima di Silvio che si batte come un leone dall’ospedale». Chiusa la mozione degli affetti, Meloni alza il tono della voce per ricordare che l’Italia è «la Nazione che crescerà di più in Europa», che la disoccupazione è ai minimi. Rivendica il taglio del cuneo fiscale deciso il Primo maggio e alle critiche risponde con una battuta: «Non faremo un Cdm a Natale perché non abbiamo leggi da fare su Gesù». La presidente chiude sulla natalità («Voglio un’Italia normale perché tutti siamo nati da un padre e da una madre») e con un appello a fare filotto, strappando Brescia al centrosinistra e allineandola allo schieramento che guida governo nazionale e Regione.
Tajani gioca sull’orgoglio di casa promettendo che se vincerà Rolfi la Leonessa bresciana tornerà a ruggire mentre Lupi si riserva il ruolo di chi ricorda che «è stato eletto un governo politico che ora fa quello che ha promesso». Ma è Salvini ad infiammare di nuovo la platea con due affondi su temi a lui cari. Prima si augura che venga eletto «lo sceriffo di Brescia» (così era chiamato Rolfi quando era vicesindaco) perché di «spacciatori e delinquenti abbiamo piene le palle» e poi coglie l’arrivo della Festa della mamma per esaltare una figura che non può essere confusa con «genitore 1 o genitore 2».
Ora la parola passa alle urne. La sfida con Laura Castelletti, vicesindaca uscente sostenuta dal centrosinistra, è complicata. E Salvini chiude con un’avvertenza: «Se per caso non vinciamo al primo turno, ci vediamo al ballottaggio…».
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12 maggio 2023 (modifica il 12 maggio 2023 | 22:45)
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