Piero Maranghi racconta il grande architetto e una stagione che cambi il capoluogo lombardo. E sulla casa degli Atellani, destinata a passare al francese Arnault: La nostra stata una forse maldestra ma generosa restituzione alla citt. Con noi o senza di noi
Se mai vi capiter una mattina all’alba di attraversare piazza Duomo, a Milano, fateci caso. Dico all’alba perch il momento pi propizio per cogliere la fuga di linee, le variazioni di colore e le geometrie labirintiche del sagrato, che in altre ore del giorno e della notte offuscato dal ben noto via vai. A quell’ora non vi sfuggir la purezza del disegno, che riflette la facciata della chiesa e dona al passo un ritmo elastico. Vi accorgerete allora di avere ai vostri piedi un’opera di Piero Portaluppi. Se per un caso fortunato aveste tempo e voglia di continuare il vostro giro mattutino per il centro di Milano, sar difficile – anzi impossibile – evitare di imbattervi in qualche edificio da lui progettato: l’Arengario sempre in piazza Duomo; la caserma dei carabinieri di piazza San Sepolcro; il palazzo della Banca Commerciale Italiana di Largo Mattioli; villa Necchi-Campiglio; il Planetario Hoepli; la casa degli Atellani, dove gli eredi di Portaluppi tuttora vivono…
Decorazioni a zig-zag
La lista lunga. Se poi porterete con voi, a mo’ di guida – sebbene piuttosto voluminosa – il sontuoso libro Piero Portaluppi appena uscito per Skira, con occhio infallibile inizierete a decifrarne lo stile e riconoscerne i segni distintivi, come le celebri decorazioni a zig-zag.
Enfant prodige dell’architettura di inizio ‘900, beniamino della borghesia imprenditoriale milanese, Portaluppi uomo dai mille talenti. Di un eclettismo raro e disinibito, mescola, senza inutili complessi n il minimo imbarazzo, antico e moderno. Sprezzante dei dogmi e delle mode, negli edifici pi riusciti trova una sintesi disinvolta tra stili sideralmente distanti tra loro. Le fotografie di Ciro Franck Schiappa, nitide come fotografie d’arte, catturano tutta l’atmosfera sospesa dei suoi salotti senza tempo, dei suoi androni silenziosi, delle sue porte socchiuse, come in un film di Wes Anderson. Il volume edito da Piero Maranghi che di Portaluppi pronipote.
Un discendente eclettico
Il bisnonno in uno dei suoi rari scritti autobiografici confessa di aver avuto 25 carriere, non contando quella di architetto. Lo stesso si potrebbe dire del discendente: editore di Classica HD, emittente televisiva interamente dedicata alla musica classica in onda su Sky; regista d’opera; conduttore televisivo di una trasmissione di nicchia e di culto – non per forza un ossimoro -, Almanacco di Bellezza ogni giorno su Classica; ristoratore; pescatore di acqua dolce e salata e molte altre cose ancora. Ha iniziato giovanissimo la sua carriera dedicandosi al catering.
Quando ci incontriamo alla Bottiglieria Bulloni ha una mano fasciata, per via di un’ustione che si procurato ai fornelli. La passione per la cucina non l’ha abbandonato. I suoi risotti sono leggendari. Alto, corpacciuto, nonostante la fasciatura alla mano, riesce in contemporanea a risponde al telefono, ingarbugliarsi negli auricolari, rassettare la camicia nei pantaloni e impartire le ultime raccomandazioni.
Architetture mal riuscite
Per non cadere nell’agiografia, gli chiedo a bruciapelo quale sia l’edificio pi brutto attribuibile a suo bisnonno. Lui non si scompone manco per niente e ribatte fulmineo: Molti, troppi. Nel Dopoguerra un uomo annichilito. Quando muore il figlio Tuccio, partito volontario in guerra, invecchia di colpo. La sua parabola umana riflette quella del Paese. Un’ascesa vertiginosa e poi all’improvviso lo schianto. Gli anni della dittatura fascista si son rivelati per quello che erano, una feroce ubriacatura e i postumi della sbronza sono devastanti. Il paese incenerito, cos Portaluppi. Che era stato un mattatore della citt, in architettura, ma anche in famiglia, in societ. Con estro, eleganza, fantasia e humour aveva sedotto tutta Milano, allora una citt piuttosto austera e ingessata. Nel Dopoguerra rimane un mattatore nei restauri. Penso alla Universit Statale, all’Ospedale Maggiore. Non a caso: si aggrappa al passato, ma superato. Non gioca pi.
Quindi, l’edificio pi brutto?
La casa dello studente a Parigi. Un Le Corbusier che non ce l’ha fatta.
Il pi bello?
Quando ero bambino, credevo che Milano l’avesse costruita tutta lui. Tutta quanta. Camminavo estasiato per la citt. In famiglia c’era una certa ritrosia, una sorta di pudore a parlare di lui. Cos come, per ragioni diverse, nel mondo dell’architettura. Circola un aneddoto divertente. Parte per l’Unione Sovietica un gruppo di giovani architetti, impegnati, rigorosi, di sinistra: Guido Canella, Gae Aulenti, probabilmente Vittorio Gregotti. Incontrano il compagno rettore della facolt di architettura, che viene loro incontro gridando: “Come sta il mio amico Portaluppi?” Restano di sale. Mio bisnonno ha lavorato moltissimo durante il Ventennio. Nel processo di epurazione stato scagionato. Eppure in Italia per anni stato dimenticato. Un lungo oblio, che per non mai stata un’attraversata solitaria del deserto. Portaluppi ha fatto scuola, ha formato allievi importantissimi.
Quindi, il pi bello?
Il suo studio a Milano e lo Stabilimento della Societ Ceramica Italiana a Laveno.
Nell’introduzione al libro, parla di militanza…
La mia famiglia e io in questi anni abbiamo cercato di squarciare l’oblio, andando a riscoprire le sue opere. La prima tappa stata l’istituzione nel 1999 della Fondazione Piero Portaluppi, di cui mia zia Letizia Castellini Baldissera presidente. Hanno seguito la mostra alla Triennale, il restauro di Villa Necchi, magnificamente immortalata da Luca Guadagnino nel suo film Io sono l’amore , il documentario L’Amatore e infine questo libro.
Oltre all’onere e l’onore di preservarne la memoria e diffonderne il lavoro, che cosa vi ha lasciato Piero Portaluppi?
Intanto riuscito nell’impresa impossibile di ingentilire, allungare e snellire i Castellini: un’eredit somatica insomma. Poi, ha infuso in questa schiatta piuttosto severa di ufficiali di cavalleria e direttori generali, ironia, autoironia e gioia di vivere, ma soprattutto una speciale inclinazione per il bello. Lui amava la bellezza nelle persone, nelle donne, nelle case, nelle cose….
Insomma Almanacco di Bellezza nasce qui?
Almanacco nasce dall’amicizia con Leonardo Piccinini. Cercavo un pretesto per poter lavorare con lui e durante il primo lockdown ho avuto la folgorazione. La trasmissione nata in maniera spontanea, casereccia. stato il nostro antidoto in quel periodaccio, e lo rimasto: un antidoto contro il veleno della vita moderna. La bellezza, ma anche la bruttezza, la miseria e la nobilt, la cultura insomma sondata con allegria e curiosit. Come piaceva al bisnonno.
Lavorare per lei significa collaborare.
Almanacco non potrei farlo con nessun altro, cos come l’opera non potrei metterla in scena con altri che non sia Paolo Gavazzeni. Leonardo, Paolo ed io apparteniamo allo stesso giardino zoologico. Ci siamo riconosciuti subito, complici e complementari. A marzo a Catania debutta Adriana Lecouvreur . la prima volta che affrontiamo questo titolo, sebbene sia scritto nel DNA di Paolo, che l’ha ascoltata diretta dal nonno (Gianandrea Gavazzeni, nda ) almeno una dozzina di volte.
L’amore per la musica classica com’ nato?
Nei viaggi in auto con mio padre (Vincenzo Maranghi, braccio destro di Enrico Cuccia a Mediobanca e successivamente amministratore delegato, nda ), che ascoltava soprattutto ‘800 sinfonico tedesco, e in cucina con mia madre, che preferiva i russi e i grandi pianisti. Io ascoltavo musica rock: Clash, Rolling Stones, Pink Floyd. Poi cominciai uno stage alla televisione. Classica non esisteva. Era tutta da fare. Entrai a luglio e a settembre curavo il palinsesto. Non ne sapevo niente, ma la televisione e il suo risvolto sociologico m’interessavano. Ho trovato il modo di combinare due mondi all’apparenza cos inconciliabili: la musica classica e la tv. Anche in questo caso si trattato di un sodalizio, di un incontro prima di tutto umano con Paolo e Amerigo Daveri. Le scelte artistiche, le scelte di campo, per me restano innanzitutto scelte umane.
La casa degli Atellani, la casa restaurata e dove ha abitato Portaluppi, diventato un perno della vita culturale milanese. Mostre, libri, concerti, aste di beneficenza, il restauro della vigna di Leonardo, visite guidate, oltre a feste memorabili. Poi, lo scorso dicembre, la notizia della prossima vendita a Bernard Arnault, l’uomo pi ricco del mondo…
La nostra stata una forse maldestra, ma generosa restituzione della casa alla citt. Con noi o senza di noi, questo fatto non cambier. Agere non loqui era il motto di Portaluppi, scritto proprio su un muro della casa. Agire e non parlare: vale anche in questo caso.
5 marzo 2023 (modifica il 5 marzo 2023 | 09:47)
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