Il caso si sposta dal campo alla diplomazia: Lula protesta con la Spagna e chiede «misure serie». Il premier Sánchez: nessuna tolleranza. La Federcalcio spagnola ha poi deciso la chiusura della tribuna dello stadio di Valencia per 5 partite e multato la squadra di 45.000 euro
L
uci spente al Cristo Redentore, sulla collina che sovrasta Rio de Janeiro. Il Brasile è in lutto per il suo giovane campione, irriso, insultato, minacciato dai tifosi spagnoli. Vinícius pievelóce ringrazia con un tweet — «una solidarietà che mi commuove, ma voglio, soprattutto, ispirare e portare più luce alla nostra lotta» — e posta tutti i video in cui negli stadi gli hanno urlato
mono
, scimmia. «Ogni giornata fuori casa una sorpresa sgradevole — scrive l’attaccante del Real Madrid —. Auguri di morte, fantocci impiccati, gridi criminosi. Non è calcio, è inumano».
Domenica scorsa, a Valencia, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Hanno fatto il giro del mondo le immagini di Vini jr. che indica un tifoso sulle gradinate, «è lui, è lui». La palla si ferma. L’allenatore Ancelotti gli si avvicina paterno, lo convince a continuare a giocare, «non è colpa tua». Ma l’ex enfant prodige, portato a soli 17 anni da São Gonçalo a Madrid (costo del cartellino: 46 milioni di euro), finisce poi fuori lo stesso per un cartellino rosso (e per il mister «il fallo non c’era»).
La partita si sposta in fretta dal campo di calcio al terreno della diplomazia. Lunedì interviene il presidente Luis Inácio Lula da Silva che chiede «misure serie contro il fascismo e il razzismo» mentre il suo governo esprime «insoddisfazione» all’ambasciatrice spagnola a Brasilia. Ieri tocca al premier spagnolo Pedro Sánchez promettere «tolleranza zero» negli stadi mentre il suo ministro degli Esteri, José Manuel Albares, nega «una situazione di conflitto diplomatico». Come per miracolo, dopo mesi di inerzia e tante partite insudiciate dai cori razzisti, la polizia interviene. Sette arresti in poche ore: tre ragazzi fra i 18 e i 21 anni incriminati (e subito rilasciati) per i fatti di Valencia e altri 4 ultras per aver appeso, il 26 gennaio, un manichino
impiccato da un ponte di Madrid, con la maglia di Vinícius. L’accusa è «delitto di odio». In questa stagione la Liga ha presentato otto denunce per attacchi al brasiliano. Nessuna finora ha portato a una sanzione penale. La Federcalcio spagnola, intanto, ha annullato l’espulsione e la squalifica di Vini jr, deciso la chiusura della tribuna dello stadio di Valencia per cinque partite e multato la squadra di 45.000 euro.
Lula ha le sue buone ragioni per correre in soccorso di uno dei migliori giocatori del mondo, diventato simbolo dell’anti-razzismo. Il 45% dei brasiliani è meticcio o nero, nessuna nazione fuori dall’Africa ha così tanti abitanti di origine afro. E il Paese costruito con la schiavitù deve ancora fare i conti con il proprio razzismo. Basta una passeggiata nelle smisurate favelas — le stesse da dove spesso prendono il volo i calciatori — per capire qual è il colore della povertà in Brasile. Lula ha istituito un ministero per l’Uguaglianza razziale, guidato da Anielle Franco, sorella di Marielle, consigliera di Rio, barbaramente uccisa nel 2018. Se la lotta al razzismo passa dall’orgoglio di un calciatore, sarà tutto più facile. Il presidente brasiliano ha, però, anche ragioni diplomatiche per fare pressione, senza esagerare, sugli «amici spagnoli». Solo un mese fa è stato accolto con grandi onori da Sánchez e hanno discusso a lungo dell’accordo fra Unione europea e Mercosur, firmato ma in stallo dal 2019. A luglio la Spagna assume la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue e Lula si aspetta che si faccia portavoce degli interessi latino-americani.
Quella manciata di arresti, però, forse non basterà. Perché come ha detto un Ancelotti furioso, «tutto lo stadio urlava “scimmia”». L’allenatore emiliano attorno al centravanti ventiduenne, all’altro brasiliano Rodrygo e al franco-angolano Camavinga sta costruendo il nuovo Real Madrid. E i suoi tre giovani li difende a spada tratta. «La Spagna ha la grande opportunità di prendere azioni serie contro il razzismo», ha detto ieri, confermando che il suo protetto è «triste» ma non tornerà in Brasile. Vini jr. incassa la solidarietà di tanti giocatori, da Mbappé a Pogba, e perfino gli onori postumi del più grande di tutti: «Pelé ha sempre ammirato Vinicius, per la sua gioia e il suo talento» hanno twittato i figli di O Rei.
23 maggio 2023 (modifica il 24 maggio 2023 | 00:27)
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