Il primo caso di gravidanza naturale dopo adroterapia alla pelvi per un condrosarcoma dell’osso sacro. La bimba ha cinque mesi e sta bene. Terapie studiate da un gruppo di specialisti del Cnao e del Policlinico San Matteo
Angelica è passata dalla disperazione alla gioia più grande, dalla scoperta di avere un tumore al diventare mamma per la prima volta, dopo tanta paura e un lungo viaggio metaforico e reale, che l’ha portata dalla provincia di Avellino fino a Pavia. La nascita di Federica non è solo il lieto fine sperato dal suo papà e dalla sua mamma, che a soli 27 anni riceve la diagnosi di un tipo di cancro molto raro, ma rappresenta una speranza per le giovani donne che, nonostante una neoplasia, possono aspirare a diventare madri: non sarà un traguardo raggiungibile per tutte, ma i progressi fatti dalla scienza sono tanti. Oggi le strategie per preservare la fertilità sono molteplici e sempre più collaudate. Questa, poi, è una storia «appassionante» dal punto di vista medico perché dietro all’arrivo di Federica c’è la collaborazione di tanti specialisti diversi, ognuno con un ruolo fondamentale, che si sono uniti per trovare una soluzione mai tentata prima. Così sono arrivati al primo caso al mondo di gravidanza naturale dopo adroterapia alla pelvi, frutto della cooperazione tra due strutture di eccellenza: il Centro nazionale di adroterapia oncologica (Cnao) e la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo, entrambi a Pavia.
La scoperta della malattia: i sintomi
Angelica inizia a soffrire di dolori nella zona lombare nel 2018, quando ha 26 anni. Lavora nell’azienda di famiglia ed è già fidanzata da un bel po’ con Carmine, il ragazzo che le starà accanto fino alla fine di questa storia. Ognuno a casa sua, però, che sono ancora giovani. «Stavo facendo un corso in palestra, ho pensato a uno strappo o un’ernia — racconta —. Dopo alcuni mesi la sofferenza non passava, avevo anche sospeso l’attività fisica, mi sono decisa a fare una risonanza magnetica. Era il mese di settembre del 2018, non ero particolarmente preoccupata, quando sei giovane non pensi certo al cancro». La diagnosi precisa arriva a febbraio del 2019, dopo un’altra risonanza (con mezzo di contrasto) che evidenzia la massa, seguita da Pet e poi biopsia: condrosarcoma di grado 1 dell’osso sacro, vicinissimo a retto, utero e ovaie. I sintomi della malattia sono proprio dolore a livello del sacro con sciatalgia cui a volte si aggiunge stipsi per via della compressione della massa tumorale. «La diagnosi è uno shock, seguito da inevitabili ansia, paura, confusione, fatica — ricorda Angelica —. Se abiti in un paesino e ti imbatti in un tumore raro, poi, le difficoltà si moltiplicano, tra ricerca di medici esperti e spostamenti. Non ero sola, però. Avere accanto Carmine e la mia famiglia è stata la mia prima cura».
Un tumore molto difficile da curare
Il condrosarcoma del sacro è un tumore raro che, quando possibile, si asporta chirurgicamente. L’intervento può essere più o meno demolitivo a seconda delle dimensioni, della sede e dello stadio della neoplasia di ogni paziente. «In questo caso la massa era tecnicamente asportabile, ma le dimensioni della neoplasia avrebbero determinato un intervento “importante” con effetti collaterali invalidanti per chiunque e ancor di più per una ragazza giovane come Angelica — spiega Amelia Barcellini, radioterapista oncologa del Cnao —: dolore, perdita di sensibilità nell’area interessata e incontinenza (tecnicamente “sindrome della cauda equina”). L’alternativa in queste situazioni è la radioterapia: diversi studi hanno però messo in luce che quella tradizionale (a base di fotoni, utilissima per molti pazienti) non è molto efficace contro il condrosarcoma, noto come tumore “radioresistente” vale a dire che, sebbene riceva un danno dalle radiazioni, è capace di autoripararsi nel tempo e quindi generare una recidiva, un ritorno della malattia. L’adroterapia (che utilizza adroni, in particolare gli ioni carbonio), ha mostrato invece una maggiore efficacia nel ridurre drasticamente la capacità di autoriparazione di questi tumori, aumentando le possibilità di controllo locale a lungo termine. Il Cnao di Pavia è uno dei soli sei Centri al mondo in grado di erogare fasci di protoni e ioni carbonio». Per questo Angelica, dalla Campania, ha affrontato il viaggio fino al capoluogo lombardo, dove trascorre l’estate del 2019 da giugno ad agosto, viene sottoposta prima all’intervento per preservare la fertilità e poi a 16 sedute di adroterapia, quattro a settimana.
Proteggere la fertilità dagli effetti collaterali
«L’adroterapia in questa sede è un trattamento ben tollerato, può presentarsi un aumento iniziale del dolore, un leggero eritema, qualche disturbo intestinale — chiarisce Maria Rosaria Fiore, radioterapista oncologa di Cnao e referente dei sarcomi dell’osso —. Nel caso di Angelica era però molto importante proteggere gli organi vicini, tutti delicati perché molto sensibili alle radiazioni (retto, intestino, utero e ovaie). Quindi, per distanziarli dall’area da colpire con le radiazioni (il sacro), abbiamo usato un dispositivo in silicone, detto “spacer”. Bisognava poi spostare le ovaie perché se fossero state lasciate in sede avrebbero ricevuto una dose radiante tale da renderle inattive dal punto di vista ormonale, determinando anche una menopausa radio-indotta. E poiché ogni intervento sulle ovaie non è esente da rischi, Angelica si è sottoposta anche a una crioconservazione degli ovociti, una delle tecniche standard per preservare la fertilità». Un’opzione che va offerta a tutti giovani che si ammalano di cancro, per permettere loro in futuro di diventare genitori.
La prima volta al mondo
La dislocazione (ovvero lo spostamento) delle ovaie è nelle linee guida ed è già stata eseguita molte volte, in Italia e nel mondo, ma è l’intera procedura eseguita per Angelica a rappresentare un inedito nella letteratura scientifica. «Nello specifico — spiega Lorenzo Cobianchi, chirurgo del Policlinico San Matteo che ha eseguito l’intervento di dislocazione degli organi vicini al tumore — le ovaie sono state portate in avanti, fissate alla parete addominale, dopo aver dislocato il retto e l’utero con uno spacer in modo da proteggere queste strutture dal fascio di particelle. La novità consiste nell’inserimento dello spacer nella sede di dislocazione delle ovaie e nell’aver spostato parzialmente anche l’utero». Non ci sono studi che documentano gravidanze dopo adroterapia pelvica e indicano come procedere, per cui i medici si sono basati sulle informazioni disponibili sulla radioterapia tradizionale. Finite le cure, Angelica torna a casa e segue i controlli previsti: «In genere per 10 anni si esegue una risonanza magnetica periodica, con una Tac o una Pet, dipende dai casi — dice Barcellini —. Terminata la terapia, Angelica non accusa particolare tossicità, il retto non ha subito danni, ovaie e utero hanno ricevuto una dose di radiazioni praticamente nulla, le mestruazioni sono regolari, ecograficamente le ovaie risultano funzionanti, il follow up oncologico è sempre negativo». Per questo tipo di tumore è ancora azzardato parlare di guarigione completa. «Siamo piuttosto confidenti in un controllo locale della malattia e, nel caso specifico, con effetti collaterali a lungo termine limitati, con una buona qualità della vita — precisa Fiore —. Pertanto Angelica sarà periodicamente monitorata per un periodo di tempo abbastanza lungo con controlli clinico-radiologici, gli stessi che avrebbe fatto se fosse stata sottoposta a chirurgia».
La gravidanza
Poi, un anno fa, la sorpresa. «Ho scoperto d’essere incinta durante la festa della mamma dell’anno scorso — racconta Angelica —. Non convivevamo, non l’avevamo programmata. Dopo le terapie cui mi ero sottoposta, non mi aspettavo che potesse accadere per vie naturali né di avere una gravidanza in cui tutto è stato davvero perfetto. All’inizio ero molto spaventata, avevo mille dubbi, non si sapeva come avrebbe reagito il mio corpo. Per questo ho deciso di farmi seguire là dove erano stati in grado di trattare il mio tumore e conoscevano bene la mia storia. Pavia mi aveva ridato la vita e la possibilità di dare la vita: la mia bambina doveva nascere lì. La dottoressa Barcellini e la dottoressa Cassani mi hanno preso per mano e da quel momento mi sono sentita al sicuro, ho ritrovato la serenità. Tanto che all’ultimo mese di gravidanza mi sono trasferita a Pavia, per essere certa che, anche in caso di parto prematuro, sarei stata assistita da loro». Invece tutto fila liscio fino all’ultimo e Federica viene alla luce il 23 dicembre 2022, con un parto cesareo programmato.
Il parto
«Nella primavera 2022 Angelica ci ha comunicato di essere incinta: eravamo tutti molto felici, altrettanto sorpresi, pronti a cogliere questa nuova sfida — ricorda Chiara Cassani, ginecologa oncologa del Policlinico San Matteo —. Non essendoci dati di letteratura specifici di gravidanza dopo adroterapia, abbiamo ritenuto che gli eventuali rischi potessero essere assimilabili a quelli riportati per la radioterapia convenzionale con raggi X (ovvero maggiori probabilità di aborto spontaneo, parto pre-termine, ritardo di crescita fetale e sanguinamenti importanti per anomalie della placenta). Se questi problemi vengono riconosciuti precocemente si può gestire al meglio la gravidanza, quindi a partire dalla ventesima settimana, abbiamo sottoposto Angelica a ecografie mensili per monitorare il funzionamento della placenta e la corretta crescita della bambina». Ma la gestazione di Angelica è filata liscia, senza problemi, Federica è cresciuta regolarmente. «A causa delle radiazioni il rischio di fratture sacrali durante un parto naturale era elevato e temevamo abbondanti sanguinamenti quindi, per cautela, abbiamo pianificato un cesareo — aggiunge Cassani —. Invece non ci sono state complicanze: il giorno di Santo Stefano, Angelica e Federica sono andate a casa, perfettamente in salute. E, se la mamma lo desidera, non c’è motivo medico per non pensare a un altro bimbo».
Un gruppo per risolvere i problemi
Il successo è merito di tanti specialisti, delle loro competenze, ma anche dell’approccio mentale a questo «primato scientifico»: per affrontare una nuova avventura bisogna basarsi sulle ricerche precedenti e pensare ai possibili pericoli per prevenirli. È il caso dell’anestesia nel parto di Angelica, per la quale si poneva un dubbio importante: farà effetto, visto che le sue radici nervose avevano ricevuto una dose elevata di adroterapia? È il turno di Maria Paola Delmonte e Federica Broglia, anestesiste del Policlinico San Matteo, che devono valutare le possibili conseguenze per la sensibilità agli anestetici comunemente usati durante le procedure ostetriche: «Anche dopo l’osservazione del terzo trimestre Angelica era in una situazione perfettamente nella norma, senza alcuna ripercussione emodinamica, di stabilità, deambulazione o sensibilità — spiegano —. Se non avessimo conosciuto la sua storia, non l’avremmo distinta da tante altre mamme in dirittura d’arrivo al parto. Dopo diverse valutazioni, insieme alla paziente e con tutto il team che stava seguendo il suo caso, abbiamo puntato sull’anestesia peridurale che, agendo localmente, è quella più sicura per mamma e bambino. E tutto è andato per il meglio». Così bene che mentre stringe Federica, che sta per compiere 5 mesi, la neomamma si spinge già un po’ oltre: «Ho 31 anni, guardo fiduciosa al futuro, spero di poter avere presto anche un secondo bambino. Sarà la mia prima festa della mamma e sarà bellissima, come un arcobaleno dopo la tempesta».
12 maggio 2023 (modifica il 12 maggio 2023 | 14:58)
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