Nel libro «Non ti fissare» lo psichiatra Giancarlo Cerveri distingue tra le convinzioni che aiutano a raggiungere una meta e le rigidità mentali che invece possono annichilire
Giovanna è ossessionata da ragni, Luca dallo sporco. Giuseppe è convinto che gli alieni dirigano le nostre vite. E poi c’è Ginevra, con la sua ansia di rimanere sola. Emilie, costretta a un’eterna ripetizione di un evento drammatico. Giovanni e la convinzione di essere sempre spiato. Il «regno delle fissazioni»: l’ufficio. E le relazioni pericolose, per esempio con un soggetto narcisista.
È fatto soprattutto di storie il libro «Non ti fissare. Liberarsi dalle ossessioni personali per una vita più serena» di Giancarlo Cerveri (Sonzogno, collana «Scienze per la vita» ideata e diretta da Eliana Liotta, in libreria dal 14 marzo). Per esempio quella che ha ispirato la copertina del libro: «La mia paziente Marta (nome di fantasia) si era intrappolata da sola. Era una donna dal fascino raro e dall’intelligenza fine, e aveva quarantadue anni quando venne da me. Viveva un periodo di grande difficoltà perché il lavoro era un disastro e con il marito non riusciva più ad andare d’accordo. La sua vita, nell’insieme, le era diventata odiosa. Cominciava a soffrire di attacchi d’ansia intensissimi. Si sentiva inadeguata su tutto. Aveva due figli, che erano divenuti l’unica questione rilevante della sua esistenza. Nonostante la sua dedizione, si sentiva una madre imperfetta. Un dettaglio mi colpì e divenne il punto di partenza della mia riflessione. Ogni mattina, prima di portare a scuola i figli, che frequentavano la quarta elementare e la prima media, temperava perfettamente le matite e le disponeva secondo l’esatta gradazione di colore negli astucci. Non c’era giorno che le punte non venissero lisciate e rese aguzze come spilli. A costo di far arrivare tardi i ragazzini a scuola, a costo di non truccarsi prima di andare al lavoro, lei che non aveva mai fatto mistero della sua vanità. Perché quell’ossessione per il temperamatite?».
Esemplare poi la descrizione del «lavoratore perfetto»: «Esistono persone che vivono le proprie esperienze, anche emotive, con una fortissima tensione al controllo dell’ambiente circostante. Si occupano dei dettagli in modo maniacale, spesso suscitando perplessità (o peggio) nei colleghi. Generalmente si tratta di soggetti ansiosi, ma al tempo stesso iperperformanti, e quindi quasi sempre destinati al successo. Il timore di sbagliare, di perdere il controllo su ogni minimo passaggio, li spinge a lavorare in modo ossessivo, senza staccare mai. Non esistono weekend né vacanze, non esistono partner o figli (e se ci sono stanno saldamente al secondo – o terzo, quarto – posto nella scala delle priorità). I lavoratori iperperformanti possono essere una specie di condanna per chi sta loro intorno, ma alla fin fine risulteranno più bravi degli altri. Conosceranno in modo perfetto il prodotto da vendere, le condizioni del mercato e le caratteristiche dei possibili clienti. Oppure saranno medici eccellenti o avvocati prodigiosi. Fedeli alla causa, si potrebbe dire, sebbene magari senza una vita al di fuori del lavoro. Alla base, nei casi più eclatanti, non c’è nemmeno il desiderio di competizione (o di soldi e potere), ma un senso del dovere portato all’estremo, che finisce per creare una fortissima dipendenza dal lavoro. A fronte di una vita unidirezionale e volontariamente privata di tutta una serie di libertà, c’è un’ascesa costante verso il nirvana del lavoratore perfetto».
Cerveri, che è direttore dell’Unità operativa complessa di Psichiatria ASST di Lodi e tra gli autori del forum Psichiatria di Corriere Salute
, nel libro racconta di fissazioni che ci conducono al successo e altre che ci fanno perdere occasioni preziose. Lo fa attraverso le storie di personaggi famosi e «fissati» (Napoleone, Elon Musk, Steve Jobs) e di tanti pazienti che ha conosciuto e curato. Persone reali che vengono trasformate in personaggi letterari, con nomi inventati e vicende almeno in parte «trasfigurate». Nonostante questo non è difficile, scorrendo il libro, riconoscersi in qualcuno dei protagonisti, che si esaltano per un’idea fino a perdere il senso della realtà, si struggono per un amore che non ha speranza, detestano il clima in ufficio ma non sanno reagire, non riescono a metabolizzare la morte di un familiare. «La fissazione e il suo opposto, la duttilità, costituiscono la nostra struttura di pensiero — spiega Cerveri —. Senza qualche fissazione non raggiungeremmo i nostri scopi, ma senza duttilità saremmo come dei treni lanciati verso una destinazione ignota, senza un binario, destinati inevitabilmente a perdere la direzione. Restando nella metafora dei motori, la fissazione potrebbe rappresentare il pedale dell’acceleratore, la duttilità quello del freno. La capacità di dosare i due aspetti ci rende capaci di raggiungere obiettivi, tollerare fallimenti e trovare soluzioni alternative davanti alle difficoltà».
Ognuno di noi ha qualche «fissa», piccola o grande. «Finché riusciamo a conviverci va tutto bene — dice Cerveri —. Il problema sorge quando la fissazione ci blocca, impedisce alla vita di andare avanti, ci fa soffrire. Quando ciò avviene dobbiamo chiedere aiuto, perché alla base può esserci una malattia che, in quanto tale, va curata». La pandemia di Covid ha dato un duro colpo alla salute mentale di tante persone. E Cerveri lo sa bene, dato che l’ospedale di Codogno (dove a febbraio 2020 si presentò il cosiddetto «paziente uno») fa parte dell’ASST di Lodi. «La pandemia ha rappresentato una fase di passaggio epocale — sottolinea —. Stiamo assistendo a un boom di richieste di aiuto psichiatrico da parte di persone che non si sono curate o si sono ammalate a causa di Covid e tutti i correlati (lockdown, crisi economica, crisi nelle relazioni personali). La cosa positiva è che aumentano i soggetti che accettano di chiedere aiuto. Il problema, d’altro canto, è la grave carenza di psichiatri e di infermieri. Stiamo facendo molta fatica a rispondere ai bisogni delle persone. Solo in provincia di Lodi le consulenze psichiatriche in Pronto soccorso sono aumentate del 30% rispetto al 2019. Sono in crescita anche le richieste di prima visita psichiatrica. È assolutamente fondamentale e non rinviabile un investimento economico sui servizi di salute mentale».
Giancarlo Cerveri, è autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche in ambito nazionale e internazionale, relatore in congressi nazionali e internazionali e direttore della rivista Psichiatria oggi
. Fa parte del Consiglio esecutivo della Società italiana di psichiatria e di altre società satelliti e da una decina d’anni coordina progetti regionali dedicati agli esordi delle patologie psichiatriche. La sua attività clinica è rivolta a persone sofferenti di depressione, disturbi d’ansia e schizofrenia.
Giancarlo Cerveri, «Non ti fissare»
Collana: Scienze per la vita, ideata e diretta da Eliana Liotta (Sonzogno)
Pagine 144, euro 16,00
In libreria dal 14 marzo
14 marzo 2023 (modifica il 14 marzo 2023 | 10:01)
© RIPRODUZIONE RISERVATA