Dopo l’ordine di cattura dell’Aia contro Putin accusato di «crimini di guerra» per la deportazione di bambini ucraini in territorio russo, la storia di una famiglia di Izium, che è riuscita a riportare il figlio a casa
Il mandato di cattura internazionale emesso dalla Corte penale dell’Aia contro Vladimir Putin, a Olena non fa nessun effetto. «Non mi importa di Putin, penso ai miei figli», ci dice su Telegram. Non le importa, ma quello che è successo al suo Andrii è il motivo per cui la Corte internazionale accusa lo zar di «crimini di guerra» per la deportazione di bambini e adolescenti ucraini in territorio russo.
Olena è un’infermiera, madre di otto figli . «Prima di rifugiarci in Svizzera, lavoravo in un ospedale di Izium, a Kharkiv. Erano giorni difficili». Il 30 aprile, sua madre e suo figlio adolescente l’hanno raggiunta al lavoro per ricaricare il cellulare: a casa mancava l’elettricità. «Proprio in quei minuti i russi ci hanno bombardato. Mia madre è morta, mio figlio Andrii è rimasto gravemente ferito». Olena ci racconta di momenti di angoscia impossibili da descrivere. Il fumo, le urla, i feriti da soccorrere.
L’ospedale era fuori uso, Andrii aveva bisogno di cure o rischiava di morire. «Ero riuscita a vederlo ferito, mi avevano detto che lo avrebbero operato e che poi sarei potuta stare con lui. Ma non è andata così. Dopo il bombardamento, i russi sono entrati e hanno portato via alcune persone, tra cui Andrii. Per un mese e mezzo non ho saputo niente di lui, non sapevo se fosse vivo o se fosse morto. Scrivevo a chiunque per avere informazioni, sapevo che cosa poteva succedere ai nostri bambini e ragazzi. Dalla Russia non ci dicevano niente».
Andrii era finito in un ospedale di Mosca e alcuni medici gli dissero che sua madre era morta e che quindi lui era stato inserito in un programma di adozione. Gli avrebbero trovato una famiglia russa. Non avrebbe più visto i suoi fratelli. «Stava malissimo, era angosciato, non voleva stare lì ed era disperato».
Anche Olena aveva perso le speranze, «ma un giorno, degli amici mi hanno mandato uno screenshot di una foto che stava circolando su Viber (un sistema di messaggistica, ndr.). Era la foto di mio figlio in un ospedale. A postarla è stata una nostra concittadina, deportata anche lei dalla regione di Kharkiv in Russia».
La foto è diventata virale e Olena si è affidata a un’associazione che le ha organizzato il viaggio in Russia per andare a recuperare Andrii. «Non è stato facile arrivare a Mosca, in ospedale è Andrii che mi ha visto. Non posso spiegare l’emozione che ho provato nel nostro abbraccio. Non ci volevano fare andare via, ma poi ce l’abbiamo fatta». L’associazione li ha aiutati a lasciare la Russia e li ha accompagnati in Svizzera, dove Andrii ha potuto continuare le cure.
Anastasia Marushevska, la coordinatrice della campagna Where Are Our People, ci dice che secondo il National Information Bureau e il sito web ufficiale Children of war, 16 226 bambini ucraini sono stati deportati e identificati . «Ciò significa che sono i bambini che abbiamo già trovato, ma questo non è il numero totale. Secondo il rapporto della Coalizione per i diritti umani “Ucraina. 5 am”, la cifra di ucraini deportati si aggira dai 2,8 a 4,7 milioni, ma sono stime. Possiamo dire che l
a Russia ha deportato da 260.000 a 700.000 bambini ucraini in almeno 57 regioni della Federazione Russa».
18 marzo 2023 (modifica il 18 marzo 2023 | 16:03)
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