Tommaso Longobardi, 32 anni, guida la macchina del consenso della premier: «Giorgia non avrà bisogno dell’armocromista. Il suo registro comunicativo ora è più istituzionale»
Sgattaiola via lesto in mezzo ai cronisti distratti dagli arrivi delle opposizioni. Alla fine non può venir meno alla parola data. Così a malincuore Tommaso Longobardi, romano, 32 anni, braccio social di Giorgia Meloni accetta di raccontare, per quel che può, del suo lavoro a sostegno della premier. Dal febbraio del 2018 ha accompagnato l’ascesa della leader di Fratelli d’Italia decidendo dove, come e quando farla «parlare» in Rete. Laurea triennale in psicologia, si è formato a Milano, alla Casaleggio Associati. «Per due anni ho lavorato nell’ufficio di Gianroberto. Era più che altro un contesto aziendale, mentre la comunicazione politica vera e propria è arrivata dopo».
Com’è arrivato a Fratelli d’Italia?
«Con Giorgia sono sbarcato circa sei anni fa, durante la campagna delle politiche del 2018. Non avevano ancora al loro interno una squadra che curasse l’aspetto social. Arrivavo tramite agenzia, quindi ho fatto questa prova. Durante la campagna elettorale ci siamo trovati bene, in particolar modo con Giorgia»
Anche chi si occupa dei social avrà un sentimento politico che lo anima oppure si cambia casacca come in una squadra di calcio?
«Credo che a livello professionale uno debba scindere dalle sue posizioni personali e riuscire a fare il professionista, altrimenti diventi un militante».
Mi tocca chiedere quali sono le sue idee politiche. Il Movimento Cinque Stelle era trasversale, in questo caso è a destra.
«Sinceramente non mi sono mai configurato né con la destra, né con la sinistra. Ho idee personali su tantissime tematiche».
Ma vota Fratelli d’Italia immagino.
«Ma proprio me lo vuole far dire? Alle ultime, sono sincero, ho votato FdI».
Naturalmente convinto dai propri post…
«No, sono convinto dalla figura di Giorgia».
Ma ci sarà un tema su cui non è d’accordo con Giorgia?
«No, vabbé… esprimendo comunque una linea comunicativa non posso non essere d’accordo. chiaramente se uno dovesse fare comunicazione per una campagna che non condivide non sarebbe nemmeno troppo efficace».
Lei è uno dei responsabili del famoso video che «mostra» dentro a Palazzo Chigi. Come nasce quell’idea?
«Su quel video si è detto di tutto. È nato la mattina stessa del Consiglio dei ministri per rispondere alle lamentele dei sindacati su quella giornata. Ci siamo confrontati direttamente con Giorgia. Ho letto tante critiche invece io trovo che sia giusto raccontar il palazzo perché non è solo del presidente del Consiglio. È il Palazzo della collettività. Ai ministri lo abbiamo detto tre minuti prima. Nulla di preparato. I tagli? Solo per renderlo più incisivo. Si son chiesti “chissà che set cinematografico”. E invece ci abbiamo lavorato in due: io e il fotografo di Palazzo Chigi».
Ha funzionato quel video?
«Assolutamente sì. È un classico format come quello che utilizziamo anche per ”Gli appunti di Giorgia”».
Così però si evitano le domande dei giornalisti.
«Alla fine credo che Giorgia risponda quotidianamente a tutte le domande dei cronisti».
Ci racconta come funziona il suo lavoro. Ha in mano tutte le password di Giorgia Meloni?
«Sì, certo. Sei social: Instagram, Twitter, Facebook, Telegram. Da poco siamo sbarcati su Linkedin anzi mi raccomando iscrivetevi. Ne ho dimenticato uno (in realtà dimentica Tiktok, ndr). Cominciamo con il confronto delle idee. La figura del social media deve essere sempre legata e avere sempre una sorta di sintonia profonda, alla la persona con cui lavori. Ovviamente non posta direttamente lei, anche perché è un lavoro».
Com’è composta la sua squadra?
«Siamo in cinque persone, lavoriamo in un ufficio a Palazzo Chigi: due persone si occupano di Twitter e le altre due sulla parte grafica, montaggio e il social generico».
È cambiato molto il modo di comunicare sui social rispetto al passato?
«Beh, chiaramente lo stile cambia. Al governo si deve utilizzare un tono più istituzionale, diciamo più conciliante anche nei contenuti, anche se nell’ultimo periodo, prima della campagna elettorale, abbiamo sempre utilizzato un tono abbastanza istituzionale»
Adesso provate a polarizzare sulle due protagoniste donne: Meloni e Schlein?
«Non da parte nostra. Nel senso che comunque noi dalla presidenza del Consiglio non cerchiamo l’impatto, diciamo che lo fa l’opposizione, per loro è più facile».
Quando avete letto l’intervista di Schlein a «Vogue» cosa avete pensato?
«Sinceramente non l’ho letta. Sui social ho visto questa polemica sull‘armocromista. Quello che posso dire è che Giorgia non ne ha bisogno adesso e non ne avrà bisogno neanche in futuro».
11 maggio 2023 – Aggiornata il 11 maggio 2023 , 07:51
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