L’ex ciclista Gianni Bugno, maglia rosa nel 1990, dice la sua sull’edizione in corso del Giro d’Italia
Gianni Bugno, lei che nel 1990 lo vinse indossando la maglia rosa dalla prima all’ultima tappa, cosa pensa di questo Giro d’Italia?
«È già cominciato?».
Oggi 16ª tappa con arrivo sul Monte Bondone. Mancano solo sei giorni alla fine.
«Quasi non me n’ero accorto… Mi pare un Giro spezzato in due: quello spettacolare di chi ogni giorno lotta per la vittoria di tappa e quello un po’ moscio dei favoriti che si marcano tra loro».
Il Giro vero comincia oggi?
«Sarebbe ora, ma non ne sono certo. Lo spazio per attaccare sul Bondone c’è, anche se la salita non è durissima. Ma temo non ne approfitterà nessuno. Se Armirail non si stacca, possibile che il francese tenga addirittura la maglia rosa. Se invece dovesse perdere terreno è probabile che la classifica torni ad essere quella di tre giorni fa: Thomas, Roglic e Almeida, a pochi secondi l’uno dall’altro».
Perché nessuno attacca?
«Per paura di sparare colpi a vuoto: pensano che tutto si deciderà sulle Tre Cime di Lavaredo venerdì e sul Monte Lussari sabato e vogliono arrivare freschi al weekend. Su pendenze così ripide, i distacchi si allargheranno: se Roglic è il più forte, come sembra, con due allunghi porterà a casa il Giro».
E lo show?
«I valori quest’anno sono così livellati e la posta in gioco così alta che nessuno vuole rischiare: a vivacizzare la corsa ci pensano le fughe. In realtà, qualcuno a cui converrebbe attaccare c’è».
Chi?
«Caruso. È 6° a 2’36” e in gran forma: se attacca non lo vanno a prendere subito perché è leggermente fuori dai giochi. E se Almeida, Roglic e Thomas si mettono a litigare su chi deve inseguire, Damiano può approfittarne: è un Giro che si vince in salita, sul suo terreno».
Caruso sostiene di essere troppo vecchio, però.
«Deve osare: si è già piazzato secondo nel 2021, che differenza fa nel suo curriculum se arriva quarto o quinto?».
Perché Roglic è favorito?
«Per come pedala fin dal primo giorno, per la squadra che ha attorno, per la sua esperienza e il modo in cui sta gestendo la corsa: in due settimane è stato l’unico a fare un’azione vera. Credo che al momento giusto l’allungo vincente sarà il suo. Certo, Thomas venderà cara la pelle. Però…».
Però?
«Questo è un Giro in cui i big hanno ceduto la maglia rosa a un gregario che aveva 19 minuti di ritardo in classifica. Assurdo! Anche chi pensa di essere troppo lontano dal podio dovrebbe sognare».
È un Giro segnato dall’abbandono di Evenepoel.
«Non ne discuto i motivi. I modi sì, però: un campione del mondo che lascia in maglia rosa con un messaggino notturno sui social manca di rispetto a corsa, organizzatori e tifosi. Brutto gesto».
Nel ’90 lei ha tenuto la rosa per tre settimane. Mai pensato di mollarla?
«Mai! L’avrei considerata un’offesa a quella maglia, che è sacra. E poi ogni giorno passato in rosa era un gruzzoletto che accumulavo per i miei compagni e tutto il personale della squadra. Magari adesso sono ricchi e non hanno bisogno di quel denaro, ma a noi faceva comodo».
Lei è stato per dieci anni il sindacalista dei corridori. Cosa ne pensa della tappa accorciata a Crans Montana?
«Che è stato un errore, che non c’erano le condizioni per applicare il protocollo sul meteo estremo. Quel giorno si doveva correre e basta».
L’ex c.t. Cassani dice che chi rappresenta i corridori non deve farsi semplice portavoce ma piuttosto ispirare una linea di condotta.
«Il capo del sindacato deve essere un capofamiglia che ascolta tutti e poi media, ispirato dall’esperienza, per fare in modo che vinca il ciclismo. A Crans Montana il ciclismo ha perso. Ci siamo ripromessi di trovarci dopo il Giro per riflettere sull’errore e non commetterlo più».
A Roma il Giro verrà accolto da Sergio Mattarella. È la prima volta di un presidente della Repubblica.
«Un grande onore, meritato. Mi permetto di dire che io sogno più in grande: il presidente in ammiraglia in corsa, come succede in Francia. Pensate come rosicherebbero i nostri cugini del Tour…».
23 maggio 2023 (modifica il 23 maggio 2023 | 07:14)
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