Il direttore Gatti stasera sul podio della Scala: «Non esiste un suono europeo»
Per il ciclo orchestre ospiti, Daniele Gatti porta stasera alla Scala la Gustav Mahler Jugendorchester.
Che senso ha una orchestra giovanile con strumentisti di diversi Paesi?
«La Gustav Mahler fu fondata nel 1986 da Abbado. Lavorare con i giovani ha sempre senso. La diressi la prima volta nel ’98 a Aix en Provence e questa è la quarta. Provengono da scuole diverse, hanno 23 anni di media e il suono si forma ogni volta».
In programma l’Adagio della Decima e la Prima sinfonia «Titan» che Gustav Mahler compose a 28 anni: qual è l’età giusta per comporre e per dirigere?
«La creatività è collegata al genio, non all’età, mentre l’interpretazione allo studio. La creatività è incontrollata mentre l’interprete ha i conti da fare con il compositore».
E con i precedenti interpreti, come Bernstein, Giulini, Solti, Sinopoli…
«Mahler è il compositore più personalizzabile che ci sia. Ci sono tante idee interpretative su di lui anche opposte, per cui l’interprete può esprimersi al meglio. Per Mozart e Beethoven c’è un canone, anche per le aspettative del pubblico, mentre Mahler è trasversale. A volte viene forzato perché pieno di indicazioni che vanno comprese».
«Titan» è tratta da un romanzo dell’800 che parla di amore e cacciatori: che ha a che fare con noi?
«Parla all’anima e dà la possibilità di viaggiare con la fantasia, oggi costretta all’interno di cornici definite. Ci fa compiere un viaggio immaginando colori e sensazioni, osservare il mondo in una dimensione diversa. Specie con Mahler dove c’è una storia che accade».
All’esordio, a Budapest, nel 1889, fu un disastro.
«Come per quasi tutte le sue composizioni. Ma la Marcia funebre del terzo movimento è nota a tutti perché riprende Fra Martino in forma grottesca, quasi da fiaba per bimbi: dopo che ciascuno dei piccoli animaletti canta la sua litania la musica cambia con fiati e oboi e diventa di sapore yiddish, baltico, tzigano».
Lei è stato designato direttore della Sächsische Staatskapelle Dresden, ha già portato questo concerto a Vienna, Dresda e Lipsia e ha diretto orchestre olandesi, francesi… Esiste oggi un suono europeo?
«In Europa c’è diversità tra musicisti latini, quelli del nord e gli scandinavi. Ma il suono cos’è? Fondamentale è l’espressione musicale rispetto al suono. Mahler ha diretto tre grandi orchestre — Vienna, Amsterdam e New York — con culture diverse e avrebbe potuto comporre anche per Melbourne. A volte trovo calore al nord e freddezza al sud. Il suono è dentro la musica, il modo di suonare riguarda l’espressione e l’orchestra deve saper suonare tutto. Semmai il pubblico è preventivamente orientato. La qualità di un’orchestra la danno i singoli musicisti e il direttore».
Da marzo 2022 lei è direttore del Maggio Musicale Fiorentino dove il sovrintendente Alexander Pereira, ultrasettantenne, è stato sostituito: è consigliabile un’età per la gestione musicale?
«Credo che sia un ruolo dove occorra abilità, ma anche esperienza. I teatri ad alto livello sono a contatto tra loro in tutto il mondo ed è utile l’interscambio. Un sovrintendente deve avere capacità di attrarre grandi direttori e saper fare piccole cose».
E per i direttori c’è un’età?
«I direttori hanno contratti tutti diversi e possono essere anche a titolo onorifico».
Va con piacere alla Scala?
«Torno dopo aver diretto a novembre una Terza sinfonia che mi è rimasta nel cuore. Mi dà sempre felicità tornare alla Scala, nella mia città».
24 maggio 2023 (modifica il 24 maggio 2023 | 20:07)
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