Una giovane racconta la corsa per salvare i compagni colpiti dall’artiglieria. E intanto si collega a Starlink per le lezioni del suo master
DAL NOSTRO INVIATO
BAKHMUT — «Ovvio che sono qui, no? Ma dove altro potrei essere, visto che ho studiato medicina e posso aiutare a curare i nostri combattenti?». È sorpresa Maria M. quando le chiediamo cosa la spinse un anno fa a partire volontaria con le unità mediche dell’esercito ucraino. «Come potevo restare a casa, o magari scappare all’estero, sapendo che tanti miei compagni venivano reclutati per fermare l’invasione russa? Quando Putin decise di attaccarci rimasi sbalordita: non potevo credere potesse accadere nella nostra era. Persino mio padre Roman, che ha 48 anni ed è ufficiale dell’intelligence, non aveva previsto che i russi volessero davvero prendersi tutta l’Ucraina. Ma adesso siamo entrambi qui, sul fronte di Bakhmut, il più caldo della guerra in questo momento. E non ce ne andremo, io terminerò il mio master in psicologia e traumatologia all’università di Ternopil solo quando avremo vinto. Ma i feriti sul campo sono stati le mie lezioni quotidiane» ci racconta nel minuscolo centro di raccolta dei feriti convogliati dai campi sulle prime linee delle trincee settentrionali.
Vige l’allerta ventiquattro ore su ventiquattro. Si sono acquartierati in una casupola contadina affacciata alla strada, ogni due o tre minuti l’aria è scossa da esplosioni, che quando fa buio si riverberano sinistre all’orizzonte. Maria ha 25 anni, il diploma di laurea in psicologia lo aveva conseguito all’università di Ivano-Frankivsk, la sua città natale nelle regioni occidentali del Paese. E ora approfitta dei momenti di pausa per seguire via remoto i corsi del Master. «Non è facile, ma le connessioni via Starlink aiutano parecchio. Noi soldati siamo collegati anche quando i bombardamenti nemici mettono in ginocchio larga pare delle infrastrutture nazionali. I russi sono qui, davanti a noi, meno di sei chilometri di distanza. Ci bombardano senza sosta, anche se devo dire che il peggio era una settimana fa, ci sono stati momenti molto pericolosi, artiglierie e missili rendevano questa zona un inferno. Per 48 ore abbiamo curato e stabilizzato centinaia di feriti, che andavano messi in grado di sostenere il viaggio in ambulanza verso gli ospedali nelle retrovie. L’80 per cento erano ferite da schegge di bombe, specie di artiglieria, solo il 5 per cento erano causate da proiettili», aggiunge.
Nel pronto soccorso poco distante abbiamo appena assistito all’arrivo del fante Andrei di 41 anni, colpito dalle schegge sul collo e alla spalla destra, il sangue gli cola sul petto. I dottori l’hanno ripulito, gli è stato bendato un braccio, poi l’ambulanza ha viaggiato per circa mezz’ora alla volta del punto medico regionale più importante, dove è stato stabilizzato e preparato per le quattro ore di trasferimento verso i grandi centri ospedalieri di Dnipro. Quanti feriti? «No comment, il dato è vietato», rispondono Maria e i suoi colleghi, anche se i comandi Nato riportano circa 200 ucraini uccisi e altri centinaia feriti quotidiani, la maggioranza proprio qui, nel saliente di Bakhmut. Maria spiega che necessitano di bende e lacci emostatici per fermare le emorragie, oltre a kit per chiudere le ferite ai polmoni e siringhe usa e getta.
Da due giorni la situazione sembra un poco migliorata. I comandi russi annunciano avanzate e di avere inflitto perdite gravi al nemico; da Kiev lo Stato maggiore replica di avere ucciso oltre 1.000 russi in 24 ore. Ma qui sul fronte i soldati sembrano tirare il fiato, le batterie da mortaio da 120 millimetri, che quattro giorni fa sparavano senza sosta, adesso sono silenziose, tanto che il plotone degli inservienti trova il tempo per cucinare un pasto caldo a base di minestra di crauti accompagnata dai «vareniki», ravioli ripieni.
Maria si muove come fosse a casa sua. Nelle notti di calma dorme su di un sofà nella stanza delle medicazioni. Racconta: «Tre mesi fa qui ho incontrato un ragazzo della mia età, da allora stiamo assieme. Non abbiamo molto tempo per vederci. Però è una storia intensa: la guerra aiuta a distinguere l’importante dal superfluo e ogni scelta diventa rilevante».
12 marzo 2023 (modifica il 12 marzo 2023 | 21:50)
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