Intervista a pochi giorni dal voto con il «Gandhi turco», sopra il 50% nei sondaggi. Ha messo insieme una colazioni vastissima: «Troppo? Ma così ci sarà pluralismo». Promette diritti per tutti. E sui morti del terremoto: «Colpa delle politiche clientelari»
DALLA NOSTRA INVIATA
ISTANBUL — Soffia il vento nella megalopoli turca e le gigantesche bandiere elettorali appese in piazza Taksim si impennano come in una danza. Al centro l’immagine di Kemal Kiliçdaroglu, candidato della coalizione di opposizione, è circondato da quattro manifesti del suo avversario. Il Gandhi turco, come lo chiamano per la sua indole ma anche per il suo aspetto, è sicuro di vincere, parla alla folla tenendo in mano una cipolla, simbolo del carovita. «Il successo elettorale delle forze della democrazia, libertà e giustizia sarà un eccellente punto di partenza per celebrare il 100simo anniversario della nostra Repubblica» dice in quest’intervista al Corriere della Sera. Uomo mite, considerato poco carismatico, il leader del Chp, il partito secolarista fondato da Atatürk, è riuscito nell’impresa di costruire un’alleanza molto eterogenea di nazionalisti, liberali e socialdemocratici. Ieri, poi, è arrivata la notizia del ritiro dalla corsa alla presidenza di Muharrem Ince, un suo ex compagno di partito, che avrebbe potuto portargli via proprio quei voti necessari a vincere al primo turno. «Mettiamo via i risentimenti — è stato il suo invito — unisciti a noi».
La crisi economica e la lenta risposta al terremoto del 6 febbraio hanno contribuito alla perdita di popolarità del presidente Erdogan. Pensa che questa volta riuscirà a batterlo?
«La mia vittoria e quella dell’Alleanza della Nazione alle elezioni di domenica sono il primo importante passo per uscire dalla crisi economica, politica e sociale che stiamo vivendo perché noi prenderemo democraticamente il posto di un regime altamente autoritario. Come abbiamo promesso ai turchi porteremo la primavera in ogni aspetto della vita dei nostri cittadini. Chiaramente il vero lavoro comincerà il 15 maggio. Prenderemo misure per mettere fine alla crisi economica e riorganizzare il sistema in modo che crisi del genere non avvengano in futuro. Allo stesso tempo combatteremo la corruzione e chiederemo indietro i soldi pubblici rubati dagli oligarchi. Voglio anche sottolineare che il 14 maggio a vincere non saranno i nostri elettori ma anche quelli che non ci avranno votato. Perché il 15 maggio inizierà una nuova era in cui nessuno sarà marginalizzato, sarà trattato con ostilità o escluso. Il benessere, la pace e la felicità dei nostri cittadini saranno la nostra priorità».
Lei è stato più volte nella regione devastata dal terremoto lo scorso febbraio. Com’è stata la reazione del governo alla tragedia e come sarà possibile votare in quelle regioni?
«La causa del disastro del 6 febbraio è da ricercare nelle relazioni clientelari che hanno portato ad ignorare le regole base nella costruzione degli edifici e dispensato condoni a costruzioni di scarsa qualità. Mentre le squadre di soccorso cercavano di salvare vite, alcuni facevano operazioni di bassa lega. Per esempio la nostra Mezzaluna Rossa, un’istituzione per noi, ha venduto materiale che doveva essere dato gratis ai cittadini. Nelle prime 72 ore, le più critiche, i soldati non sono stati impiegati».
Lei è il leader di una coalizione molto eterogenea che va dalla destra nazionalista alla sinistra, dagli islamici ai laici. Riuscirà a tenere tutti insieme in caso di vittoria?
«Nel nostro programma ci sono più di 2000 obiettivi. Abbiamo raggiunto un accordo su politiche economiche, educative, sociali e di politica estera che ci metteranno al passo con i Paesi più avanzati. Chiaramente nella nostra Alleanza ci sono idee diverse ma questo rafforza il pluralismo. La cosa importante è che i membri dell’Alleanza concordino sui principi fondamentali cioè di ristabilire uno Stato in cui non ci saranno discriminazioni di ideologia, religione, lingua, razza, genere o identità. La differenza di opinione al nostro interno è la garanzia che costruiremo un sistema politico veramente democratico per tutti, che funzionerà senza discriminare. Impediremo allo Stato di imporre un’ideologia o una religione».
L’Hdp, il partito filocurdo, non ha presentato un candidato alla presidenza e ha invitato gli elettori a votare per lei. Qual è il suo piano per risolvere la questione curda e la lotta contro il Pkk?
«L’atuale governo chiama i cittadini curdi fratelli quando gli conviene e li tratta come terroristi quando non gli servono. Per un vantaggio politico gioca con la dignità di milioni di cittadini e li aliena dallo Stato. Per questo dico che la soluzione va cercata in Parlamento. Lì risolveremo i nostri problemi. Ci sarà anche una lotta senza quartiere a tutte le organizzazioni terroristiche e criminali, incluse quelle separatiste. Il nostro Paese deve ritornare ad essere rispettato nella regione, libero dall’ombra di organizzazioni violente e criminali».
Per la Costituzione il presidente può rimanere in carica al massimo per due mandati ma Erdogan è in corsa per il terzo. Come è stato possibile?
«Abbiamo visto quello che è successo alle elezioni comunali del 2019 ad Istanbul.Il governo ha imposto la ripetizione del voto con argomenti inconcepibili. Ma al secondo voto la gente di Istanbul gli ha dato una bella lezione. Questa volta sono state ignorate le regole della Costituzione ma noi sappiamo come andrà a finire. Quello che è importante è che le preferenze dei cittadini siano rispecchiare nelle urne. Come nel 2019 la nostra vittoria sarà confermata quando saranno contati i voti. La nazione vincerà, la democrazia prevarrà».
Erdogan ha condannato l’invasione russa ma non ha appoggiato le sanzioni imposte a Mosca. In questi anni ci sono state frizioni con la Nato e con gli Usa. Come cambierà la politica estera?
«Attualmente la nostra politica estera è un grosso problema per le relazioni internazionali. Le decisioni vengono prese da una minoranza se non da una persona sola. Le istituzioni turche, con secoli di esperienza alle spalle, sono state esautorate. Il risultato è un aumento dei rischi internazionali per noi. Benché la Turchia sia uno dei Paesi più importanti nella regione ed abbia il secondo esercito nella Nato, gli alleati non hanno fiducia in noi proprio per questo approccio da uomo solo al comando in politica estera. Noi faremo prevalere i nostri interessi geopolitici e la nostra sovranità su qualsiasi altra cosa. La mia presidenza e l’Alleanza della Nazione ristabiliranno la nostra reputazione internazionale, porteremo avanti una politica estera che terrà conto degli interessi del Paese e coopererà con le altre nazioni. Useremo la nostra vantaggiosa posizione geopolitica mettendo in campo un approccio sia di rispetto del diritto internazionale che della nostra pace e prosperità. La filosofia “Pace in casa e pace nel mondo” farà un glorioso rientro nella nostra azione».
Lei ha promesso di ritornare alla democrazia parlamentare e reintrodurre la separazione dei poteri (legislativo, giudiziario esecutivo n.d.r.). Per fare ciò avrà bisogno di un’ampia maggioranza.
«Il nostro obiettivo principale è queste ingiustizie. Con il ritorno del sistema parlamentare cambieremo il Consiglio superiore dei giudici e quello dei procuratori. Le due carriere saranno separate. Per rafforzare il principio dell’indipendenza il ministro della Giustizia ed il suo vice non faranno parte del Consiglio superiore, i cui membri saranno eletti democraticamente. Non ci saranno più promozioni nel sistema giudiziario a seconda dell’appartenenza a questo o a quel gruppo.Esamineremo anche la posizione di giudici e procuratori che hanno commesso crimini, saranno sanzionati dagli organismi che diventeranno nuovamente indipendenti».
La Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato la Turchia per la detenzione di Osman Kavala e Selahattin Demirtas. Ma non sono i soli, molte persone sono state arrestate negli anni solo per aver espresso le proprie idee. Lei stesso ha guidato la Marcia della Giustizia nel 2017 per protestare contro l’arresto di un suo compagno di partito Enis Berberoğlu. Come rimedierete?
«Per quanto riguarda Demirtaş e Kavala, il loro rilascio non è di nostra competenza ma con la riconquista dell’indipendenza e dell’imparzalità del sistema giudiziario sono sicuro che le decisioni della Corte Europea saranno rispettate».
12 maggio 2023 (modifica il 12 maggio 2023 | 08:49)
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