Il ministro che sta gestendo la riforma delle Regioni: «Vedo avversari più nel centralismo romano che nel Mezzogiorno, qui è pieno di funzionari»
Ministro, lo conosceva il documento del Servizio di Bilancio del Senato che è stato diffuso martedì in maniera singolare?
«Ho visto che è stata fatta circolare in rete una sintesi ad hoc di un documento che è noto ai miei uffici perché da tempo vi stanno lavorando», risponde Roberto Calderoli, leghista, responsabile del dicastero delle Autonomie.
Chi l’ha incrociata martedì sera dice che si è molto irritato.
«Sì, per le modalità con cui è stato pubblicato, per la rozzezza della terminologia usata e perché ho visto una lettura politica da parte di un organismo che dovrebbe essere tecnico».
Ma quel documento esiste, non è una «velina».
«Alcuni dei rilievi che contiene sono condivisibili, altri molto meno. Ci sono affermazioni con i verbi al condizionali, altre che sono dubitative».
Che documento è, allora? I cittadini non capiscono.
«C’è questa bozza ma c’è anche un lavoro dell’ufficio studi del Senato che ha preceduto questo e che non ha mosso alcuna contestazione. Lo stesso documento del Servizio di Bilancio avrebbe dovuto mettere in rilievo dei numeri, non estremizzarli per alimentare la confusione».
Le vogliono mettere i bastoni tra le ruote?
«Mi pare abbastanza evidente. Quella sintesi mi sembra politica, non certo tecnica».
E chi vuole fermare il progetto che le è tanto caro? C’è una fronda nella vostra maggioranza o pensa a qualcos’altro?
«Vedo avversari non tanto nel Mezzogiorno, che pure non ha ancora capito le straordinarie potenzialità dell’Autonomia, quanto nel centralismo romano che ha tutto l’interesse a non toccare nulla, a lasciare inalterato un sistema che garantisce chi trae benefici dal perpetuarsi dello status quo».
Lancia accuse un po’ generiche, ministro.
«È pieno di funzionari pubblici con interessi da difendere. Qui non è questione di destra o sinistra. È molto più semplice di quanto sembri».
Cosa intende dire?
«Glielo dico con una battuta: i governi e le legislature passano, i funzionari restano».
Ma non ha un identikit in testa?
«Cosa vuole, sa quante reliquie del passato ci sono in circolazione…».
Questo incidente rallenterà in qualche modo il suo procedere a tappe forzate per arrivare entro l’anno al via libera all’Autonomia?
«È chiaro che il polverone che si è alzato fa il gioco di chi si oppone al cambiamento. Mi fa piacere? Assolutamente no, è evidente. Io i dossier li vorrei discutere solo in Parlamento. Ci sono delle criticità? Vediamole insieme, confrontiamoci e vediamo di trovare le soluzioni che tengano conto degli equilibri».
Ma conferma che se non dovesse ottenere le riforme che ha in mente sarebbe pronto a lasciare la politica?
«È tutto molto semplice. Le riforme sono la mia ragione di vita. Mi sono buttato tanti anni fa in questa esperienza perché avevo l’ambizione di contribuire a cambiare il Paese. Per cui, o porto a casa dei risultati oppure è giusto chiedersi che senso ha continuare nell’impegno pubblico. Mi pare elementare buon senso. Ma mi lasci fare un’ultima osservazione…».
Prego.
«Chi ha dubbi o rilievi da avanzare lascia perdere le manine e i tentativi di creare confusione. Alla fine, il Parlamento è sovrano. Quella è la sede dove si voterà la riforma. E la voteranno deputati e senatori eletti dai cittadini, non funzionari di questo o quell’organismo».
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17 maggio 2023 (modifica il 17 maggio 2023 | 22:02)
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