Il 14 marzo in edicola insieme al quotidiano la prima uscita di una serie con le opere divulgative e le teorie geniali del grande astrofisico, scomparso cinque anni fa
Stephen Hawking era l’uomo delle grandi sfide; prima di tutto con sé stesso e poi con l’idea dell’universo che ha cercato di decifrare. Un’idea quasi congenita che emergeva come una necessità di vita e si era già manifestata quando ancora era studente alle scuole superiori, tanto che fu soprannominato «Einstein» dai suoi compagni. La sua storia, nel bene e nel male, iniziò quando entrò all’Università di Oxford affascinato da Fred Hoyle, il più grande astronomo britannico del momento. Ma proprio in quegli anni Sessanta, mentre scopriva la bellezza dell’esplorazione della scienza, si confrontò all’improvviso con una terribile malattia, la sclerosi laterale amiotrofica. E fu straordinario come da allora Hawking trovasse una forza inimmaginabile per affrontare le sfide dell’universo.
«Quando si ha di fronte la possibilità di una morte prematura — scrisse — ci si rende conto che la vita vale la pena di essere vissuta». Il morbo in rapido e inesorabile progresso gli tolse anche la parola, oltre ad imprigionarlo sempre più nei gesti, ma lo scienziato mostrò la sua genialità, come scopriamo nella collana del «Corriere della Sera» in edicola dal 14 marzo, sempre accompagnata dal sorriso della mente. Era una sfida alla vita e al cinismo della scienza medica che prometteva solo pochi mesi di vita. Per fortuna sbagliando.
Guardando ai misteri dell’universo era inevitabile che la sua ricerca fosse attratta dall’enigma più intrigante, i buchi neri, i mostri del cielo generati dalla morte di alcune stelle, capaci di inghiottire la materia e la luce diventando una macchia oscura nel firmamento.
Tutto scompariva nel gorgo della gravitazione? Hawking trovò una risposta sorprendente, non da tutti i fisici accettata. «Qualunque oggetto materiale cadesse in un buco nero — spiegava — sarebbe distrutto dalla singolarità (dove tempo e spazio si annullano, ndr) e solo l’effetto gravitazionale della sua massa continuerebbe a essere avvertibile all’esterno. D’altra parte, qualora si tenesse conto di effetti quantistici, sembrerebbe che la massa o energia dell’oggetto materiale dovrebbero essere infine restituite al resto dell’universo e che il buco nero dovrebbe evaporare e infine sparire completamente». Era la scoperta che rivoluzionava l’idea dei mostri celesti, battezzata «radiazione di Hawking».
A questo punto, come Albert Einstein, affrontò il sogno che perseguita tutti gli scienziati: l’idea di una teoria del tutto. E come Einstein non approderà a nulla. «Perché l’universo si dà la pena di esistere?» si chiedeva Hawking aprendo il suo pensiero alla speculazione, ma aggiungendo che i filosofi non sanno rispondere.
Come mai ciò accade, gli abbiamo chiesto in un’intervista durante una sua visita a Padova. «I filosofi — ci rispose con la voce sintetizzata dal computer — non sono stati al passo con i moderni sviluppi della fisica e della biologia. Il risultato è che le loro discussioni sembrano sempre più datate e fuori luogo. Non va bene liquidare la scienza come mero dettaglio tecnico. Darwin, la biologia molecolare e la cosmologia moderna hanno determinato un profondo cambiamento nel modo in cui vediamo noi stessi e il nostro posto nell’universo. La filosofia dovrebbe riflettere su questi aspetti se non vuole diventare un banale gioco linguistico».
Hawking, pur nella prigionia fisica, era lontano dall’essere malinconico. Non credente, accettò di sposarsi in chiesa e quando Jane, fervente praticante, gli ricordava che per lei il primo posto nella vita spettava a Dio, lo scienziato gli rispondeva: «Non mi disturba trovarmi al secondo posto dopo Dio». E dopo Jane sposò Elain, la sua infermiera («un matrimonio passionale e tempestoso») da cui divorziò riprendendo i rapporti con Jane e i tre figli. Quando al Cern di Ginevra i fisici erano a caccia del bosone di Higgs scommise che non ci sarebbero riusciti. «Credo che sarebbe più eccitante se non lo trovassimo, dimostrerebbe che c’è qualcosa di sbagliato nelle nostre idee e che dobbiamo pensare di più».
Negli ultimi anni guardava all’universo come a una via di fuga e di sopravvivenza per la nostra specie, biasimando gli atteggiamenti dell’uomo sulla Terra. «A causa del clima che cambia e del progressivo esaurimento delle risorse dobbiamo guardare altrove. E l’unico posto dove possiamo andare sono altri mondi, altri sistemi solari. Uscire e diffonderci potrebbe essere l’unica via da seguire in grado di salvarci da noi stessi. Sono convinto che l’umanità debba abbandonare la Terra».
Nell’aprile 2007 in un certo senso si preparò sperimentando per alcuni minuti l’assenza di gravità sull’aereo degli astronauti. E nel 2018 Hawking, studioso del tempo cosmico, ci ha lasciati dopo aver sconfitto il tempo della malattia. Ma le sue idee sono vive e animano le discussioni sul nostro futuro.
Il volume. Alla ricerca di una spiegazione sulle origini del cosmo
Esce il 14 marzo in edicola con il «Corriere della Sera» il libro di Stephen W. Hawking La teoria del tutto. Origine e destino dell’universo, al prezzo di e
7,90 più il costo del quotidiano. Si tratta del primo volume di una collana di titoli, realizzata in collaborazione con Bur Rizzoli (nel grafico a destra il piano dell’opera), che propone ai lettori i lavori del famoso fisico e cosmologo britannico scomparso il 14 marzo di cinque anni fa: una figura che ha colpito l’immaginario collettivo, fino a diventare un’icona del nostro tempo, per la sua genialità, le sue doti di divulgatore, la particolare determinazione con cui affrontò la malattia degenerativa che lo aveva colpito in giovane età. Hawking era nato a Oxford nel 1942. Studente brillante e precoce, nel 1963 cominciò ad avvertire le prime difficoltà, che lo costrinsero presto in sedia a rotelle. Nonostante la prognosi infausta dei medici, che non gli davano più di due anni di vita, proseguì gli studi, si sposò due volte ed ebbe tre figli, pur con crescenti problemi che dagli anni Ottanta in poi resero necessaria un’assistenza continua. Nel frattempo Hawking si affermò non solo come scienziato, ma anche come divulgatore per la chiarezza esemplare della sua prosa anche quando affrontava temi di estrema complessità. Il libro La teoria del t
utto comprende sette lezioni tenute all’Università di Cambridge, nelle quali l’autore cerca di presentare un quadro di quella che si ritiene essere la storia dell’universo e illustra gli sforzi che si stanno compiendo per «trovare una teoria unificata che includa, in un’unica spiegazione coerente, la meccanica quantistica, la forza di gravità e le altre interazioni di cui parla la fisica».
13 marzo 2023 (modifica il 13 marzo 2023 | 20:58)
© RIPRODUZIONE RISERVATA