La first lady andata a farsi i capelli a Tel Aviv mentre si svolgevano le manifestazioni di protesta contro la riforma della giustizia. Un selfie con un’ammiratrice ha scatenato la rivolta: stata scortata a casa dai servizi segreti
dal nostro corrispondente
GERUSALEMME — Gli oltre quarantamila euro all’anno da spendere in vestiti, truccatrici e parrucchieri (offerti dai contribuenti per l’aspetto di rappresentanza e da dividere con il marito primo ministro) sono costati ieri pomeriggio a Sara Netanyahu qualche ora di panico e pubblico disprezzo.
La moglie del premier israeliano ha deciso di presentarsi per la messa in piega nella citt sbagliata al momento sbagliato. Fin dal mattino Tel Aviv squassata — come avevano promesso gli organizzatori nel giorno del disordine — dalle manifestazioni che bloccano il traffico e gli ingressi verso gli uffici pubblici. Al tramonto la polizia carica i dimostranti, lancia granate assordanti, i cortei diventano scontri, gli arrestati sono quarantadue. Al tramonto una cliente dello stesso salone, nel nord elegante della metropoli, si scatta un selfie con Sara, lo posta e di fatto indica alla rabbia collettiva la posizione del prossimo bersaglio.
Centinaia di dimostranti marciano verso le vetrine del parrucchiere, lo assediano, urlano vergogna, vergogna a quella che considerano una Maria Antonietta indifferente alle difficolt degli israeliani medi, tra inflazione che sale ed economia che scende, causa – accusa l’opposizione – il piano di smantellamento della giustizia portato avanti dal consorte. Lui si appella all’avversario politico Yair Lapid perch richiami l’accerchiamento vergognoso e ordina alle guardie dei servizi segreti supportate dalla polizia a cavallo di evacuare Sara verso casa a Gerusalemme. Da dove Bibi – com’ soprannominato – pubblica un selfie in cui la consola, accompagnato dalle parole: Moglie adorata, sono contento tu sia qui sana e salva. Questa anarchia deve finire, pu costare vite umane.
Dal personale al politico, il capo del governo di estrema destra paragona i manifestanti che chiedono di fermare il blitz legislativo della maggioranza – vuole ridimensionare la Corte Suprema, i magistrati, i giudici, sottoporli al controllo dell’esecutivo – ai coloni andati domenica scorsa all’assalto del villaggio palestinese di Hawara per vendicare l’uccisione di due di loro poco lontano. Mette sullo stesso piano le proteste contro di lui e quello che un alto generale israeliano ha chiamato un pogrom compiuto da ebrei.
I ragazzi delle colline – cresciuti con l’ideologia che i territori arabi catturati nel 1967 siano di diritto israeliani e un far west da domare – hanno dato alle fiamme quaranta case, bruciato una cinquantina di auto, in parte esaltati dal sostegno delle frange oltranziste dentro la coalizione al potere. Il dipartimento di Stato americano ha definito disgustose e ripugnanti le parole di Bezalel Smotrich, ministro della Finanze e a capo del partito dei coloni, che ha proclamato: Hawara va cancellato dalle mappe, ma penso debba farlo lo Stato d’Israele e non i singoli individui.
2 marzo 2023 (modifica il 2 marzo 2023 | 17:36)
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