Quell’equilibrio meno nitido, pi sfrangiato, in campionato, ma in Coppa stato totale: Milan e Inter europei sono sembrati squadre-cloni sideralmente diverse da quelle viste in serie A: scappato lo scudetto le energie anche inconscie sono andate sulla Champions
Leggere l’articolo colto e divertente di Tommaso Pellizzari sui vari Milaninter e Intermilan possibili coi roster mescolati utile — come la cena di vip o meglio il rito sciamanico dell’altra sera alla storica Osteria del Treno — anche per attenuare una tensione arrivata in certi passaggi social a parossismi grotteschi e patologici, da una parte e dall’altra. Ma, soprattutto, sorprende come (quasi tutte) quelle combinazioni e permutazioni producano team equilibrati e incontri equilibrati, a conferma di come equilibrati siano i roster originari di Milan e Inter, e ancor pi equilibrata la loro contesa di quest’anno, che ora si avvicina al doppio redde rationem.
La giornata di Milan-Inter: SEGUI la diretta
Quell’equilibrio per la verit meno nitido, pi sfrangiato, in campionato. Dove la quasi parit di punti (Inter 63, Milan 61, ma sarebbe bastata una vittoria rossonera sulla Cremonese per arrivare al 63 pari) ha una distribuzione piuttosto diversa: l’Inter ha vinto 3 partite in pi (20 a 17), ma 4 in pi ne ha perse (11 a 7), col Milan che esonda nei pareggi (10 a 3); mentre nettamente a favore dei nerazzurri il rapporto tra gol fatti e subiti (62 e 35, Milan 55 e 39, coi differenziali rispettivi a +27 e +16).
Divergono, in ogni caso, le modalit con cui si arrivati a questo quadro comparativo. Nel caso del Milan, molto dipende dal crash invernale, in particolare del gennaio-inizio febbraio dark nel post Mondiale qatariota, con 5 sconfitte in tre tornei su 7 partite (pi 2 pareggi interni per 2-2 con Roma e Lecce): 3 in Campionato (Lazio, Sassuolo, derby), una in Coppa Italia (Torino) e una in Supercoppa, di nuovo con l’Inter, un devastante 0-3 che rappresenta, al momento, il massimo iato stagionale tra le due squadre. Colpisce su tutti, in questo arco di match, proprio il rapporto gol tra gol fatti (6) e subiti (addirittura 18). Un collasso, com’ noto, dovuto a diversi cofattori — i limiti nella profondit della rosa, il calo atletico d’insieme, la lunga assenza di Maignan —, che costringeranno Pioli a ridisegnare l’assetto, con umilt e intelligenza, sulla rete protettiva del 3-5-2 ovvero 5-3-2.
Per l’Inter — altrettanto noto — il problema diverso se non opposto, con le tante sconfitte dovute soprattutto alla lunga eclissi dell’attacco (Lu-La in testa) che non converte in gol i tanti tiri, disattendendo le proiezioni degli xG (expected goals); ma anche — anzi, un fattore forse di peso ancora maggiore — alla diversa applicazione della squadra tra Italia e Europa (vedi oltre).
In Champions, invece, quell’equilibrio pressoch totale, con simmetrie ritornanti a congelare il quadro, come se Milan e Inter fossero due met dell’esagono nel cristallo di ghiaccio che va a formare un fiocco di neve. Lo si vede, in primo luogo, confrontando i gironi, dove pure va riconosciuto che i due team sono in gruppi non omogenei per quoziente di difficolt: quello dell’Inter (Bayern, Barcellona, Plzen) pi impegnativo di quello rossonero (Salisburgo, Chelsea, Dinamo Zagabria).
Entrambi, comunque, ottengono 3 vittorie, un pareggio e 2 sconfitte, con differenze-reti simili: Milan 12 fatte e 7 subite (+5), Inter 10 fatte e 7 subite (+3), il lieve iato dovuto proprio, almeno in parte, al dislivello di difficolt. Tra le simmetrie specifiche: la doppia sconfitta senza segnare del Milan (aggregate 0-5) col Chelsea del fu-Graham Harry Potter; e quella simile dell’Inter col Bayern (aggregate 0-4) col Bayern del fu-Julian Nagelsmann. La simmetria diventa ancora pi impressionante negli ottavi, dove i due team eliminano Tottenham
e Porto con cadenza identica: 1-0 a San Siro, 0-0 fuori casa, mostrando una straordinaria attitudine difensiva, con quattro clean sheet complessivi.
Degno di nota, in questo caso, un passaggio-chiave rossonero: l’andata ancora all’insegna del 3-5-2 e con Tatarusanu; il ritorno con lo stesso modulo, ma con Messias basso e Maignan in porta, a preludere a un ritorno al 4-2-3-1 canonico di Pioli e alla fine dell’inverno milanista alla Game of Thrones.
Simmetria che prosegue, nella sostanza, ai quarti, dove il Milan elimina il Napoli (1-0 e 1-1) e l’Inter un’altra portoghese, il Benfica (0-2 al Da Luz e 3-3 in casa) di nuovo con la tenuta difensiva, specie nei due clean sheet dell’andata. I 3 gol presi dall’Inter a San Siro, infatti, sono spiegabili col sovrapporsi di un calo di tensione dopo il 3-1 di Correa (78’) al riemergere in automatico di un gioco — quello delle Aquile — smarrito in uno scadimento di forma che li ha fatti crollare tra 7 e 11 marzo al Da Luz (tra Porto e Inter) dopo un filotto di 12 vittorie in Liga, arrivando a complicare anche un titolo nazionale che sembrava acquisito.
Tutto questo per dire che uno stesso confronto disputato qualche mese prima avrebbe forse avuto un esito diverso; il che vale, beninteso — altra simmetria — per il Milan, che affronta un Tottenham in liquefazione (sull’orlo dell’addio di Conte) e un Napoli ectoplasmatico rispetto a quello autunnale-invernale. Su quest’ultimo punto, tanto (troppo) si scritto: ma difficile negare che accanto a forti attenuanti (l’indisponibilit dell’intero attacco, ovvero di Osimehn, Simeone e Raspadori; l’arbitraggioinadeguato di Kovcs a San siro, che condizioner il ritorno) pi di tutto incide nell’exit del Napoli l’opacizzarsi-sconnettersi della prodigiosa architettura, sia per stanchezza-usura di un roster non estesissimo, sia per la spina psico-agonistica staccata — per decisioni pi o meno inconsce — dopo uno scudetto di fatto acquisito.
Del resto, simili asincronie dello stato di forma tra contendenti sono tra i discrimini costitutivi di una stagione, specie in tornei come la Champions. E del resto, proprio la spina psico-agonistica che il Napoli ha staccato in Champions ha plasmato — a tornei inversi — il diverso rendimento delle milanesi tra campionato e Champions. Se Milan e Inter europei sono sembrati e sembrano per tanti aspetti squadre-cloni provenienti da una Terra extra-solare rispetto a quelle umorali e discontinue di campionato, lo si deve anche al diverso grado di investimento motivazionale e attenzionale. Visto scappare via il Napoli (anche per loro deficit rispetto all’asticella alzata dal team di Spalletti), venuto loro naturale focalizzarsi sull’Europa; e man mano che le circostanze (accoppiamenti non proibitivi, cio scansando Real o City) ne favorivano l’avanzare nella competizione, quell’investimento e quel focalizzarsi si acuivano. Anche perch pesa, al riguardo, un corollario non trascurabile: nel calcio — come in ogni sport — un’alta, altissima soglia di attenzione-concentrazione (e della motivazione che le sostiene) comporta un corrispondente dispendio neurobiologico (il cervello pesa in media il 2% dell’organismo, ma ne consuma il 20% di energia).
Sia Milan che Inter, a un certo punto hanno optato per giocarsi quelle energie dove avevano pi chances (e dove pi contano, cio nelle partite secche): unica complicanza, il sovrapporsi della lotta per i posti-Champions dell’anno prossimo, che non consente una distribuzione cos netta delle risorse neurobiologiche e neuropsicologiche (e con l’Inter, al momento, messa meglio). Altri fattori, sia chiaro, possono aver inciso nel diverso rendimento, ma forse non quanto si crede. Nel caso dell’Inter, in particolare, si parlato a lungo di maggiori difficolt in campionato davanti a difese schierate e maggior agio in Coppa davanti a squadre offensive che concedono la ripartenza: pu essere, ma va ricordato come l’Inter non solo sia una delle squadre che tirano di pi verso la porta, ma — dati Opta recentissimi — anche l’unica squadra italiana a contare 5 sequenze con pi di 15 passaggi per arrivare al gol: due dei tre gol con sequenze pi lunghe di preparazione in tutta la stagione sono nerazzurre, compresa quella record del gol di Dimarco a Roma (47 passaggi di fila). Traduzione: l’Inter non necessita per forza di campo aperto per segnare, anzi (certo, nel caso lo sa sfruttare); torniamo, invece, all’eclissi degli attaccanti e/o della precisione al tiro, come dimostra in larga parte proprio l’ultima catena di vittorie (5, tra serie A e Coppa Italia) e il rapporto tra gol fatti e subiti (15 a 1, differenziale +14).
Ora, la domanda una: cosa pu turbare questo equilibrio totale, queste simmetrie congelate? Si mostrato quanto il precedente di Supercoppa di gennaio (il 3-0 nerazzurro di Riad) sia ingannevole. Cos come ingannevole, probabilmente, l’1-0 del derby di ritorno, inizio febbraio ’23, con un dominio nerazzurro ben oltre il risultato, ma i rossoneri in uscita dal citato gennaio dark. Pi credibile, nell’insieme, il 3-2 rossonero all’andata, a inizio settembre ’22.
Rispetto a quel match, inutile girarci intorno, tutto ruota intorno alla presenza (e all’eventuale condizione, alla vera capacit performante) di Leo. Quest’anno, le sue due assenze (Napoli in casa e Fiorentina fuori) hanno coinciso con due sconfitte per 2-1, anche se cogli azzurri il Milan ha giocato lo stesso una grande partita; mentre il suo rendimento ha gi superato quello dell’anno dello scudetto, con 13 gol e 13 assist, numeri surclassati solo da quelli del craque che gli somiglia,
Vinicius jr.
, anche se Leo ha pi sintassi di corsa da duecentista, il brasiliano da centista (23 gol e 21 assist, ma con 7 partite in pi).
L’assenza del portoghese potrebbe cio inibire al Milan le giocate-break: perch vero che l’Inter molto difficilmente concederebbe i 70 metri di campo concessigli dal Napoli, ma altrettanto vero che Leo ormai efficace anche su spazi pi brevi e pi stretti (vedi, di recente, gol e assist col Bologna). Una sua sostituzione con Saelemaekers, del resto, produrrebbe un paradosso: il Milan avrebbe (forse) pi difficolt a rompere l’equilibrio della partita, ma aumenterebbe le difficolt dell’Inter a fare lo stesso, intensificando quella densit-vischiosit necessaria ai rossoneri per contrastare-contenere un team comunque al momento superiore per forma e brillantezza d’insieme.
Il forse legato a un aspetto controintuitivo: Saelemaekers (vedi pezzo di Luca Bianchin e Filippo Conticello sulla Gazzetta di ieri) il giocatore che nell’ultimo mese ha calciato in porta non solo pi dell’opaco Giroud, ma anche pi di Leo, pi di Diaz, pi tutti. Quasi ovvii gli altri tasselli-chiave rossoneri: per tenere l’equilibrio del match (oltre all’attenzione della difesa) i connettori Krunic e Tonali; per romperlo, lo stesso Tonali, il dinamismo di Bennacer, gli scarti nel micro-spazio di Diaz, le effrazioni dell’altro velocista, Theo Hernandez e l’eventuale risveglio proprio del barone di Munchausen Giroud (che tira fuori il Milan dalla palude nei famosi 4 minuti dell’1-2 del derby di febbraio dell’anno scorso).
Sul fronte Inter, presto detto: anche qui l’equilibrio pu essere conservato in primis grazie a una difesa fondata sulla continuit di Acerbi, la classe e la polivalenza di Bastoni e l’indispensibilit di Darmian, in un reparto che riuscito a ovviare alle assenze di Skriniar e De Vrij. Il tutto protetto dalla fase difensiva di un centrocampo fortissimo nelle due fasi, quindi anche a romperlo, l’equilibrio: Barella (non a caso giocatore-cult per Klopp), Brozovic (declinante, ma ancora capace di velocizzare-illuminare), e il sottovalutato Mkhitaryan, giocatore capace come pochi di entrare nelle linee di faglia avversarie, sia in conduzione (e in dribbling) che per tocchi smarcanti. Compito che — in modo simile — potrebbe svolgere anche l’ex Calhanoglu. Davanti, il ritorno quasi simultaneo della Lu-La (Lautaro leader con 27 tiri nell’ultimo mese, Lukaku secondo con 16) si affianca al paziente lavoro di tessitura di Dzeko; ma sempre pi massivo il contributo di Dimarco, per certi versi equivalente nerazzurro di Theo.
Un’ultimo focus meritano i due portieri, altra simmetria tra i due team. In un football sempre pi olistico — cio in cui, sempre pi, un cambiamento in una zona del campo pu avere un impatto rilevante, a volte decisivo, in un’altra, anche distante — non sono solo gli attaccanti a cominciare la fase difensiva (nella fattispecie, il pressing di Giroud o di Lautaro), ma anche i portieri a cominciare quella offensiva. Mike Maignan e Andr Onana sono, al riguardo, due bravissimi (anche se tra loro diversi) skeeper-keeper, portieri-liberi, forti tra i pali e nel proteggere i compagni ma anche nell’avviare o addirittura articolare un attacco: in questo, l’eventuale assenza di Leo priverebbe il Milan di un’altra opzione, il link diretto tra il portiere e il portoghese nei lanci o rilanci mirati. Comunque sia, il mantenimento o la rottura dell’equilibrio tra i due team — del temporaneo, composito fiocco di neve — passer anche dalle loro mani e dai loro piedi.
10 maggio 2023 (modifica il 10 maggio 2023 | 14:47)
© RIPRODUZIONE RISERVATA