Le tecnologie NGS e i Molecular Tumor Board, oggi indispensabili per la medicina di precisione e per garantire a ciascun paziente la cura più idonea al suo caso, non sono implementati in modo omogeneo sul territorio nazionale
Sono le nuove frontiere per la gestione dei tumori, eppure le tecnologie Next generation sequencing (NGS), test di profilazione genomica in grado di analizzare l’intero genoma umano, e i Molecular Tumor Board (MTB), team interdisciplinari di esperti dedicati all’interpretazione clinica dei nuovi dati disponibili, non sono implementati in modo omogeneo in Italia. Una disparità che potenzialmente mette a rischio le pari opportunità di accesso alle terapie innovative per i pazienti. L’offerta dei servizi è infatti eterogenea. Nei Centri specializzati per terapie oncologiche il sequenziamento di nuova generazione NGS è utilizzato solo nel 50% dei casi. I Molecular Tumor Board sono presenti a macchia di leopardo, in 13 Regioni su 19 e con una grande variabilità di modelli organizzativi: sette sono quelli regionali censiti, ma ci sono anche gruppi intraregionali aziendali o di rete. Soprattutto un terzo dei professionisti (il 33,6%) non ha accesso al team. Sono questi i principali risultati emersi dall’indagine nazionale condotta dal Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo) nell’ambito del progetto «Oncologia di precisione», pubblicati sulla rivista internazionale The Oncologist
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I dati della survey
Complessivamente hanno partecipato all’indagine, condotta dal 10 al 28 febbraio 2022, 129 direttori di Dipartimenti di Oncologia medica di 19 Regioni italiane (di cui 2 Province autonome), rappresentativi di oltre il 98,5% della popolazione italiana e di diverse istituzioni, tra cui aziende sanitarie (45,1%), ospedali pubblici (36,3%), ospedali universitari pubblici (10,6%), istituti scientifici di ricerca (3,5%) e professionisti privati (0,9%). Nelle aziende che utilizzano il sequenziamento NGS, i laboratori sono collocati nell’81,4% dei casi internamente alla struttura o nella rete regionale. Solo il 18,6% si rivolge a servizi privati. Per quanto riguarda gli aspetti legati al rimborso, la maggior parte degli intervistati (57,7%) non sapeva se la propria Regione avesse definito tariffe specifiche per questo tipo di analisi. I Molecular Tumor Board erano presenti e formalmente decretati, al momento della survey, in Piemonte, Liguria, Lombardia, FVG, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Campania e Sicilia. In Puglia era presente, ma non ancora formalmente decretato. Il 43,7% dei professionisti afferma di non aver mai avuto bisogno di segnalare al gruppo casi per consulenza e il 32,4% ritiene che l’attuale organizzazione dei Molecular Tumor Board nel proprio contesto non soddisfi le proprie esigenze.
Gruppi multidisciplinari «agili»
Chiedendo ai professionisti quale sia il livello più opportuno per l’istituzione di un Molecular Tumor Board, è emerso che il 38,6% ne preferirebbe uno regionale, il 43,6% ritiene più funzionale un livello intraregionale e il 17,8% considera che la coesistenza di un board locale per l’attività clinica di routine e di uno regionale di coordinamento possa essere la soluzione migliore. Dalla survey è emerso inoltre un orientamento netto a favore di una composizione agile dei Molecular Tumor Board, che veda presenti stabilmente alcune figure chiave (oncologi, patologi, biologi molecolari, genetisti, farmacisti e case manager), in numero inferiore rispetto ai primi board regionali istituiti che comprendevano molte più figure professionali. Tutti i direttori hanno concordato con la presenza di un oncologo e la maggioranza ritiene indispensabile la presenza di: biologi molecolari (96%), patologi (92%), genetisti (76%), farmacisti ospedalieri (60%) e case manager (57%). «I risultati di questa survey confermano la necessità di un lavoro comune continuo tra i professionisti e istituzioni di Governo sui fronti in rapida evoluzione dell’oncologia medica — afferma Gianpiero Fasola, direttore Dipartimento ad attività integrata di oncologia e direttore dell’Oncologia presso l’Azienda Ospedaliero Universitario Santa Maria della Misericordia Asu Friuli Centrale —. Le dinamiche della nostra disciplina sono molto veloci: se non adeguiamo tempestivamente l’organizzazione, corriamo il rischio di non portare a tutti i pazienti i benefici dell’innovazione».
Consenso informato
Altro nodo è quello del consenso informato, gestito in modo diverso nelle varie realtà analizzate. Il 53,5% degli oncologi intervistati riferisce che è richiesto un consenso per le analisi molecolari, il 36,6% che non viene richiesto in quanto implicito nel percorso diagnostico-terapeutico e il 9,9% che il consenso ai pazienti è richiesto solo per l’analisi NGS. Una eterogeneità che chiama in causa la necessità di indirizzi chiari da parte del Ministero della Salute per l’acquisizione del consenso dei pazienti nell’effettuare queste indagini. «Sulla base di questa analisi — dichiara Luigi Cavanna, presidente del Cipomo — le istituzioni di Governo possono trarre utili spunti per affinare i provvedimenti e applicarli nei diversi ambiti. Bisogna tener conto degli elementi essenziali necessari per rendere l’oncologia di precisione fruibile a tutti i potenziali destinatari, in modo appropriato e sostenibile. Tra questi: la popolazione e l’estensione geografica, i modelli organizzativi, le esperienze già in corso e le dinamiche di veloce evoluzione delle conoscenze».
17 marzo 2023 (modifica il 17 marzo 2023 | 18:22)
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