Oggi l’intervento al congresso del sindacato a Rimini. I dubbi sull’accoglienza
«Se ho paura dei fischi? Il confronto non mi ha mai spaventato». È con questo spirito che Giorgia Meloni salirà a mezzogiorno sul palco del congresso della Cgil a Rimini, che per i fedelissimi della presidente del Consiglio è «la fossa dei leoni». Ne uscirà viva, fanno scongiuri i suoi. E comunque vada, prevedono, «per lei sarà una vittoria». Da giorni a sinistra e nel sindacato guidato da Maurizio Landini si discute dell’accoglienza che sarà riservata alla premier. Si ipotizzano fischi, si parla di braccia conserte e seggiole lasciate vuote per protesta, si litiga sull’opportunità di invitare la leader della destra. Tanto che due giorni fa, a Montecitorio, molti dubitavano della sua presenza in carne e ossa oggi al Palacongressi.
«Meloni pensati sgradita», sarà scritto sulla t-shirt di Eliana Como, che guida i 24 della minoranza congressuale (il 2,41%). La dirigente della Fiom è «molto seccata» per l’invito a una premier la cui identità e storia ritiene «esplicitamente fascista». Altre voci contrarie potrebbero levarsi, altri delegati potrebbero cercare un modo plateale per far notare la loro assenza polemica. Tutti atteggiamenti che, secondo Meloni, sarebbero «un problema per loro, non per me». Landini lo sa bene e se in pubblico alza i toni e attacca il governo su lavoro e fisco, riservatamente media e placa. «Non l’abbiamo invitata per galateo— è la posizione del segretario generale — Ma perché è il momento delle risposte ai bisogni delle persone».
A Palazzo Chigi si è discusso dell’opportunità che la premier arrivi fisicamente a Rimini in un momento di tensioni sociali crescenti, con i lavoratori pronti alla mobilitazione e alla protesta e l’esito a dir poco negativo dell’incontro tra governo e sindacati sulla riforma fiscale. Ma lei non è intenzionata a disertare («quando prendo una decisione non cambio idea») e non nasconde la soddisfazione per una scelta che, senza falsa modestia, ritiene coraggiosa. «Se avessi avuto paura dei fischi nella vita avrei fatto un altro lavoro, o magari mi sarei schierata a sinistra», sdrammatizzava alla vigilia. E intanto studiava, prendeva appunti su concertazione e lavoro povero e si preparava a salire sul ring anche per rispondere, con la sua sola presenza, a chi la accusa di convocare le parti sociali solo quando i provvedimenti sono belli e pronti.
Mercoledì pomeriggio, lasciando Montecitorio dopo il duello con Elly Schlein, la premier aveva risposto all’unica domanda che sembrava starle a cuore: «La Cgil? Certo che ci vado». Il giorno è arrivato. Alle 12 Meloni sarà sul palco davanti ai 986 delegati e parlerà per mezz’ora, senza mediazioni. «Un bel colpo per lei e per Landini», è l’umore tra i dirigenti della Cgil. Era dal 1996 che un capo del governo non accettava l’invito alle assise del più importante sindacato italiano. L’ultimo era stato Romano Prodi. E mai si era visto sul palco un presidente di destra. «Pare che io sia il primo premier che partecipa a questo evento da 27 anni a questa parte — pregusta il successo Giorgia Meloni — Comunque vada, io il mio l’ho fatto».
16 marzo 2023 (modifica il 16 marzo 2023 | 22:13)
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