Caro Aldo,
sono un attento spettatore dei talk show televisivi. Mi pare che ultimamente hanno mostrato una forte propensione più alla spettacolarizzazione che alla discussione e all’approfondimento. Essi sono, in qualche misura, responsabili di ciò che la gente pensa della politica e delle scelte del nostro governo. Penso che lo stile del dibattito imponga una riflessione. Dovrebbero essere i leader politici che si confrontano anche faccia a faccia tra di loro, non solo con i giornalisti. È ovvio che i giornalisti devono fare la loro parte e incalzarli. Non dovrebbero, secondo me, sostituirsi a loro. Mentre invece anziché intervistare il politico, è il giornalista di turno che diventa controparte e fa il portavoce di fatto delle idee e delle posizioni di altri partiti. C’è qualche cosa che non va se tutte le sere i commentatori di giornali sono in tutte le trasmissioni (spesso con l’assenza di politici) a sostenere le posizioni di partiti e politici.
Guido Bera
Caro Guido,
Lei ha in parte ragione. Che i giornalisti facciano domande ai politici non è disdicevole: avviene in tutto il mondo. Ma in effetti i politici dovrebbero accettare di confrontarsi tra loro. In Italia questa cultura del confronto non esiste. Nella Prima Repubblica era confinata, tranne qualche eccezione, al rito della tribuna politica. Con la cosiddetta Seconda Repubblica e l’avvento del maggioritario, qualche duello si vide. Enrico Mentana arbitrò il confronto che Silvio Berlusconi stravinse con Achille Occhetto, il quale impostò il suo intervento su un articolo del Giornale contro di lui sfuggito ai più: «Io non vado in barca con i mafiosi!»; «Beato lei che ha tempo di andare in barca, io ho troppo da lavorare» replicò Berlusconi, scordando di possedere una tra le più belle barche del Mediterraneo; e l’ebbe vinta (anche) così. Nel 1996 ci fu un confronto «di gruppo», di cui si ricorda un’efficace uscita di Giovanna Melandri contro la privatizzazione della sanità. Nel 2001 Berlusconi essendo in vantaggio rifiutò di confrontarsi con Rutelli. Nel 2006 Berlusconi si scontrò con Prodi, che incredibilmente non lo incalzò su una frase infelice («la sinistra vuole che il figlio dell’operaio sia uguale al figlio del professionista»). Nel 2008 non ci furono confronti Berlusconi-Veltroni. Poi il bipolarismo finì. Nel 2013, dovendo rimontare, Berlusconi andò da Santoro e in effetti rimontò. Di recente c’è stato un duello molto franco a Porta a Porta tra Renzi e Salvini, che poi peraltro hanno fatto nascere un governo insieme. Dai confronti insomma i politici hanno a volte qualcosa da perdere, ma certo i telespettatori e pure i programmi hanno molto da guadagnare.
LE ALTRE LETTERE DI OGGI
Storia
«Storia dell’arte sul Wittgens-Gengaro, che nostalgia»
Alcuni lettori hanno ricordato di aver studiato storia dell’arte sul volume di Wittgens-Gengaro. Ciò mi ha fatto tornare indietro negli anni. Nel 1944, a Roma erano entrati gli americani e mio padre, che l’anno precedente non mi aveva fatto iscrivere a scuola per non espormi al rischio di qualche retata dei tedeschi, mi fece iscrivere al primo liceo classico del Mamiani di Roma. Il professor Grasso, di storia dell’arte, ci prescrisse, come testo di studio, il volume di Wittgens-Gengaro, libro magnifico per l’epoca, pieno di riproduzioni di opere d’ arte. Le riproduzioni in bianco e nero erano retinate; guardandole con la lente si vedeva una infinità di lineette sottilissime che, se molto fitte, davano il nero e se più rade davano il grigio più o meno scuro. Le riproduzioni a colori erano ottenute stampando sullo stesso foglio l’ immagine con diversi colori che sovrapponendosi e combinandosi tra loro riproducevano l’opera d’arte. Ma non sempre la sovrapposizione era precisa e perciò l’immagine risultava leggermente sfocata. Ma all’epoca il sistema di stampa era quello e ci accontentavamo. La storia dell’arte era la materia che mi piaceva più di tutte. Per finire, tre anni dopo, alla licenza liceale, fui rimandato a ottobre in tre materie : italiano, latino e filosofia. Agli esami di riparazione superai le prove e ottenni la licenza liceale, licenza ottenuta con tutti 6 e un unico 7, in storia dell’arte. Sono amante di libri che conservo con cura e mi è venuto il desiderio di rivedere il Wittgens-Gengaro. A casa non l’ ho trovato e neanche tra quelli in soffitta. Sicuramente, finito il liceo, per rimediare qualche liretta lo vendetti. Ora mi pento di averlo fatto.
Francesco Combi, Roma, classe 1928
INVIATECI LE VOSTRE LETTERE
Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.
MARTEDI – IL CURRICULUM
Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino
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MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO
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GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA
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VENERDI -L’AMORE
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SABATO -L’ADDIO
Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno.
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