Caro Aldo,
gradirei conoscere il suo parere su chi ha ragione tra Umberto Eco, che ha affermato che «darsi sempre del tu è una finta familiarità che rischia di trasformarsi in insulto», e il vezzo di alcune presentatrici di dare il tu ai loro interlocutori senza curarsi, a non dir d’altro, della differenza di età, dell’incarico pubblico ricoperto e della posizione sociale.
Giuseppe Costarella
Caro Giuseppe,
François Mitterrand, leader socialista, consentiva il tu solo ai commilitoni con cui aveva diviso la prigionia al tempo della seconda guerra mondiale. Jacques Chirac, suo successore all’Eliseo, dava del voi alla moglie Bernadette. Gianni Agnelli e Cesare Romiti si sono dati del lei per tutta la vita. La sua mail, gentile signor Costarella, ha fatto riaffiorare un ricordo della mia infanzia: la nonna che bacia sulle guance una sua coetanea, mentre si dicono in piemontese «dumse du ti», diamoci del tu; credo si conoscessero da sempre, ma solo in quel momento ruppero la formalità che aveva segnato il loro rapporto (e comunque nel Piemonte di cinquant’anni fa mai due uomini si sarebbero baciati sulle guance, neanche fossero stati fratelli). In realtà, si può avere un rapporto di familiarità e financo di complicità con una persona cui si dà del lei, e avere un rapporto freddo e distante con una persona cui si dà del tu. È abbastanza normale che ci si dia del tu tra colleghi e in genere tra persone della stessa generazione. È scortese che una persona più giovane dia del tu a una persona più anziana, o che un cliente dia del tu a un cameriere, o dare del tu a una persona che ci dà del lei. La confidenza non concessa è una forma di maleducazione. Diciamo che se tornassimo a considerare il «lei» come la forma base della conversazione, apprezzeremmo di più il «tu».
LE ALTRE LETTERE DI OGGI
Storia
«Così il senatore Jacob Moleschott difese Lidia Poët»
La fiction su Lidia Poët sta riscuotendo un vivo interesse per la prima avvocata abilitata alla professione forense. Grazie alla laurea in giurisprudenza conseguita il 17 giugno 1881 con una tesi sulla condizione della donna «rispetto al diritto costituzionale», ella poté svolgere pratica legale a Pinerolo nello studio di Cesare Bertea, avvocato e senatore del Regno. Superato l’esame di abilitazione, fu ammessa all’Ordine degli avvocati di Torino. Ma il procuratore generale considerò illegittima l’iscrizione e invitò la Corte d’appello a rivedere la decisione. Così l’11 novembre 1883 la Poët fu cancellata dall’Albo perché «l’avvocatura è un ufficio esercitabile soltanto dai maschi» sulla base della normativa vigente. Come si legge in un’intervista rilasciata dalla Poët al Corriere (4 dicembre 1883) la cancellazione fu dettata anche da altre motivazioni come il carattere inadeguato delle donne al ruolo di avvocato, «la riservatezza del sesso e la fisica cagionevolezza» imputabile a una «deficienza di forze intellettuali e morali». Pretesti accolti con amarezza dalla Poët, che fece ricorso alla Corte di cassazione, senza realizzare il suo sogno di esercitare la professione. Tuttavia il ricorso suscitò l’intervento del senatore Jacob Moleschott, che in un discorso del 23 giugno 1884 difese il «diritto delle donne ad esercitare l’avvocatura». Il valore di Lidia Poët venne espresso in altri campi come la tutela dei minori e la lotta per il suffragio universale tanto da essere considerata una «pioniera» dell’emancipazione femminile. Solo 37 anni dopo, in seguito all’approvazione della legge Sacchi del 1919 (n. 1126), le fu riconosciuto il titolo di avvocato.
Nunzio Dell’Erba
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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.
MARTEDI – IL CURRICULUM
Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino
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MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO
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GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA
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