La storia familiare pu avere molta importanza per indirizzare verifiche e strategie. Vanno comunque controllati pressione, glicemia, colesterolo e funzionalit renale
Quando le malattie cardiovascolari danno sintomi, gi tardi. Bisognerebbe puntare sulla prevenzione. Parola di Furio Colivicchi, presidente Anmco: l’obiettivo vero dovrebbe essere riconoscere i problemi quando ancora non hanno dato segno di s. Il primo passo stabilire il proprio livello di rischio cardiovascolare: il momento di una valutazione arriva intorno ai quarant’anni per gli uomini e verso i cinquanta o comunque al momento della menopausa nel caso delle donne, dice Colivicchi. Per esempio, importante considerare la storia familiare perch alcuni elementi di rischio presenti nei genitori, come l’ipertensione, quasi certamente prima o poi riguarderanno anche i figli; altrettanto utile sfruttare occasioni come il certificato medico da presentare in palestra per sottoporsi a qualche esame, come l’elettrocardiogramma. Da solo per non basta, una volta l’anno sarebbe opportuno controllare parametri collegati al rischio cardiovascolare come pressione, glicemia, colesterolo, funzionalit renale.
Un metodo semplice per valutare la probabilit di infarto o ictus nei 10 anni successivi utilizzare la carta del rischio cardiovascolare del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanit e, come spiega Pasquale Perrone Filardi, presidente Sic, Sapere da che livello di pericolo partiamo indispensabile, anche per questo la Societ di Cardiologia lancer nei prossimi mesi una campagna di sensibilizzazione sull’argomento: chi a rischio alto o molto alto ha bisogno di essere seguito con particolare attenzione, anche in assenza di sintomi. Per valutare al meglio le proprie condizioni, inoltre, si stanno affacciando altre possibilit diagnostiche pi raffinate come la valutazione di ApoA, una lipoproteina che indica un profilo di rischio pi elevato ed abbondante in circa il 20 per cento degli adulti. Anche il Poligenic Risk Score, ovvero l’analisi dei fattori genetici che sappiamo essere correlati ai fattori di rischio cardiovascolari, non ancora nelle linee guida ma nel prossimo futuro potrebbe integrare e perfezionare la valutazione standard: i test del genoma sono sempre pi economici e le conoscenze sul ruolo dei geni stanno aumentando.
Se ne parlato anche all’ultimo convegno della Fondazione Centro Lotta contro l’Infarto, sottolineando che le informazioni genetiche Hanno il potenziale per essere un predittore precoce di rischio perch prescindono dall’et, troppo spesso considerata una variabile dal peso eccessivo nei modelli classici, spiega Francesco Prati, presidente della Fondazione. Fino al 27 per cento dei casi di infarto sfugge alle stime tradizionali perch non presenta i fattori di rischio classici, il patrimonio genetico invece determina un rischio di base su cui agiscono influenze esterne. Per la maggioranza di noi il rischio ereditario dipende dall’impatto cumulativo di molte varianti genetiche comuni: ognuna ha un effetto modesto, ma quando queste varianti si sommano il rischio genetico sale. Il Poligenic Risk Score un punteggio di rischio poligenico che pu stimare l’impatto aggregato di queste varianti multiple e potr quindi essere d’aiuto.
14 marzo 2023 (modifica il 14 marzo 2023 | 09:05)
© RIPRODUZIONE RISERVATA