L’incontro sotto Natale, le serate milanesi: reduce dal ritiro ad Acapulco e dalla sconfitta a Indian Wells, l’ex n.6 non riesce (ancora) a tradurre il suo benessere interiore in partite vinte. E ora cerca di rimediare al Challenger di Phoenix
Se ancora tra Matteo Berrettini e Melissa Satta non è il grande amore della vita (fin qui sono stati più separati dal lavoro che insieme), di certo non è un calesse. «Melissa mi fa stare bene» ha confidato Berrettini agli amici più stretti ed è con questa nuova certezza nel cuore, lui che ha sempre avuto bisogno di sentirsi ben voluto per avvertire la pace interiore («Credo di essere in grado di amare in maniera forte, di essere intenso come in tutte le cose che faccio. Do tanto, chiedo altrettanto. Mi piace condividere, costruire il rapporto, cercare una profondità» ha detto in un’intervista a 7, il magazine del Corriere), che l’ex numero 6 del mondo è partito per la trasferta in Messico e negli Stati Uniti, lo swing che precede la terra battuta europea e che avrebbe dovuto dargli certezze che — invece — non ha trovato.
Il ritiro frettoloso ad Acapulco, sotto 6-0 1-0 con il danese Rune, per evitare che il fastidio al polpaccio destro degenerasse ma anche spinto da una chiara insofferenza: lì, dentro quel match così a senso unico e imbarazzante, Matteo non ci voleva stare un secondo di più. Esami medici rassicuranti: «Nulla di grave, userò Indian Wells per testare come sto» aveva fatto sapere in quei giorni cupi con un audio rimbalzato al di qua dell’Oceano. Il deserto della California, però, non ha riservato buone notizie al terzo giocatore italiano del ranking (oggi il romano è n.23 dietro Musetti n.21 e Sinner n.13): promosso da un bye in quanto testa di serie n.20, Matteo si è arreso nel secondo turno del primo Master 1000 stagionale a Taro Daniel, 103esimo giocatore della classifica mondiale. A preoccupare, al di là del peso specifico dell’abbordabile avversario, la scarsa incisività del servizio del pivot del Nuovo Salario e la fallosità del dritto, cioè le due specialità della casa.
Appena giocato l’ultimo quindici con Daniel, eccoli i leoni da tastiera che non vedevano l’ora di twittare sentenze: il problema di Berrettini è Melissa Satta è la sentenza emessa dal tribunale dei social. Come se la scelta della persona che sta accanto al giocatore in un momento di evidente impasse dovesse essere sottoposta a referendum popolare. La soubrette no, la studentessa o la collega tennista (come lo era Ajla Tomljanovic, l’australiana fidanzata con Matteo fino all’inizio dell’anno scorso) okay. E se è fuori discussione che un certo tipo di distrazioni siano poco compatibili con la vita del super professionista dello sport, Matteo fa bene a rivendicare il diritto di innamorarsi di chi gli pare, senza peraltro aver mai abdicato all’ambizione di tornare nei top 10 e in una finale Slam, come a Wimbledon 2021.
Vale la pena di ragionare, adesso che Berrettini e Satta sono una coppia (comunque l’alibi della donna di spettacolo non regge: Jimmy Connors sposò una coniglietta di Playboy, Patty McGuire, e chiuse la carriera con 109 tornei vinti all’attivo, di cui 8 titoli Slam, tutt’oggi un record), sul perché il benessere interiore del giocatore non si rifletta (ancora) sulle sue prestazioni in campo, ma d’altronde il tennis è disciplina del diavolo zeppa di variabili. L’avversario in buona vena, le palle pesanti (vedi l’umidità di Acapulco), la giornata no (con Daniel a Indian Wells: il numero di errori gratuiti di Matteo, cinquanta — 50! —, è insensato); ad avere una costanza di rendimento lunga lustri sono solo gli Immortali (Djokovic, Nadal, Federer), gli altri sono esseri umani alle prese con i fisiologici alti e bassi della carriera.
Idea supercoach
Il grande saggio Paolo Bertolucci dalle pagine della Gazzetta consiglia a Matteo di affiancare a Vincenzo Santopadre un super coach: l’operazione Vagnozzi-Cahill diede nuova linfa a Jannik Sinner fresco di divorzio da Riccardo Piatti, perché l’antibiotico del grande ex non dovrebbe funzionare per Matteo? E poi la cura meticolosa di un fisico sbilanciato per natura e, quindi, delicatissimo: a inizio stagione Berrettini ha valutato l’idea di fare entrare nel team Claudio Zimaglia, il fisioterapista che (in coppia con Dalibor Sirola) aveva fatto miracoli per il primo Sinner, sotto la gestione Piatti (risolto, tra gli altri, il problema di vesciche ai piedi). Ipotesi frettolosamente scartata, tanto che poi Zimaglia si è accasato con Djokovic, il fuoriclasse che ha colto al volo l’opportunità: un errore di Matteo, forse, con il senno di poi.
Il mental coach: «È sereno»
Berrettini proverà a rimettere in carreggiata il suo 2023 a Miami, nel secondo Master 1000 americano, l’ultimo prima del ritorno sul rosso in Europa. Per non restare fermo troppo a lungo ha accettato una wild card al challenger di Phoenix, in Arizona: sarà la testa di serie numero uno del torneo iniziato oggi. Cos’altro resta da tentare per rimettere in moto un motore dalla cilindrata importante, ma ingolfato? La mozione degli affetti, innanzitutto, nella stagione più difficile. Melissa Satta, conosciuta sotto Natale (la soubrette aveva presentato il galà delle Atp Finals a Torino ed è da un circolo ristretto di conoscenze in comune che è scaturito il contatto) e presentata a mamma Claudia nei giorni milanesi del gossip e della festa di compleanno di lei, 37 anni contro 26, ma la differenza d’età è annullata dalla maturità di Berrettini («Ragionava da grande già a 14 anni» conferma coach Santopadre, che l’ha incontrato ragazzino); e Jacopo Berrettini, a cui Matteo è legatissimo (ha tatuata la sua data di nascita), finalmente libero da infortuni e capace di qualificarsi per la prima volta al tabellone di un torneo Atp in Messico, dove ha giocato anche il doppio con il fratello.
«La buona notizia dal mio punto di vista — spiega Stefano Massari, storico mental coach di Berrettini —, è che dopo l’Australia Matteo abbia voluto prendere tempo per se stesso, per la sua vita di giovane uomo. Quando pensa un po’ a sé, a me piace. C’è una nuova relazione, che implica una nuova visibilità. Matteo è un ragazzo integro, un fedele: a me interessa che stia bene dentro, che sia felice. Mi fido di lui: l’ho sentito sereno. Penso che la relazione lo stabilizzerà e che il suo benessere si trasferirà anche in campo. Uno stato d’animo buono depone a favore di buoni risultati».
Nello sforzo titanico di rimontare il ranking, Matteo insomma è in buona compagnia. Si era abituato, e ci aveva abituati bene, Berrettini, top 10 da fine 2019 grazie a un salto di qualità impressionante, titolare alla Atp Finals a Londra, finalista a Wimbledon 2021, capace di barcamenarsi in classifica anche l’anno scorso tra infortuni e positività al Covid. Obbligatorio pensare positivo, far leva sulle belle emozioni del privato per imprimere un’energia nuova anche al tennis. Melissa conferma al circolo delle amiche: «Matteo mi ha restituito il sorriso». Quando nasce un amore, non è mai troppo tardi.
13 marzo 2023 (modifica il 13 marzo 2023 | 18:40)
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