L’ex ad di Edizione Holding durante il processo: «Emerse che la struttura aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio di collasso. Mi preoccupai ma non feci nulla»
«Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose ”ce la autocertifichiamo”. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico». È questa la sconvolgente dichiarazione resa da Gianni Mion ex Ad della holding dei Benetton Edizione, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia, al processo per il crollo del Ponte Morandi. Mion lo ha detto riferendosi ad una riunione del 2010, ovvero otto anni prima del crollo.
La tragedia che costò 43 morti
Il 14 agosto 2018, alle ore 11:36, la pila 9 del viadotto crollò, causando la morte di 43 persone tra automobilisti in transito e alcuni dipendenti dell’Amiu (azienda municipalizzata di nettezza urbana) al lavoro nella sottostante isola ecologica. A seguito del disastro, 566 residenti della zona circostante dovettero essere sfollati e molti edifici residenziali troppo vicini al viadotto vennero successivamente demoliti. Tale fu anche il destino delle porzioni residue del ponte (con la sola eccezione di alcune rampe accessorie), che è stato poi sostituito da una nuova struttura denominata viadotto Genova San Giorgio.
La richiesta che il manager sia indagato
Alla riunione di cui ha parlato Mion a processo parteciparono l’Ad di Aspi Giovanni Castellucci, il direttore generale Riccardo Mollo, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo il ricordo del manager, tecnici e dirigenti di Spea (Spea Engineering S.p.A., acronimo di Società Progettazioni Edili Autostradali, è un’azienda del gruppo Benetton che opera nel settore delle infrastrutture). Dopo queste frasi, l’avvocato Giorgio Perroni, che difende l’ex direttore del Primo tronco di Autostrade, Riccardo Rigacci, ha chiesto di sospendere l’esame di Gianni Mion e di indagarlo. Rigacci è indagato insieme ad altre 58 persone. L’esame di Mion è andato avanti e i giudici hanno detto che si riservano sulla richiesta avanzata da Perroni.
Le intercettazioni
Già nel marzo 2021 era emerso ce alcune intercettazioni del 2020 avevano confermato le preoccupazioni di Mion, che in una conversazione affermava: «È emerso che noi per molti anni le manutenzioni non le abbiamo fatte in misura costante, nonostante la vetustà aumentasse», diceva il manager a Ermanno Boffa, marito di Sabrina Benetton, dimessasi dal cda di Atlantia ufficialmente «per un disagio personale». Sempre Mion, in una conversazione a tre con l’avvocato Sergio Erede e Carlo Bertazzo (ad di Atlantia), si pronunciava così: «Quando io ho chiesto all’ingegner Castellucci e ai suoi dirigenti chi certificasse la stabilità e l’agibilità di questo ponte, mi è stato detto: ce lo autocertifichiamo». Le perplessità erano nate durante una riunione dei vertici del gruppo: «Noi sapevamo che il Morandi aveva un problema di progettazione, lo sapevamo. A quella riunione c’erano proprio tutti: i consiglieri di amministrazione di Atlantia, gli amministratori delegati, il direttore generale, il management e loro hanno spiegato che quel ponte aveva una peculiarità di progettazione che lo rendeva molto complicato. Un ponte molto originale ma problematico». Mion definiva «una banda di cialtroni» la Spea, la società del gruppo che si occupava delle manutenzioni: «Sono una banda di cialtroni e un’associazione a delinquere… diciamo che in Autostrade, in Spea, in quel mondo là non si salva nessuno».
22 maggio 2023 (modifica il 22 maggio 2023 | 17:07)
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