L’attore ha raccolto alcuni amico attorno al suo progetto per combattere il disagio giovanile. Il sostegno agli ospedali Gaslini di Genova e Niguarda di Milano. Il 9 e 10 giugno una corsa ciclistica a Feltre
Il nome dell’associazione è «C’è da fare». «Un Ente di terzo settore che si occupa di disagio giovanile. Credo si tratti di un’emergenza, da affrontare al più presto, riguarda soprattutto ragazzi e ragazze tra i 12 e i 19 anni. Negli ultimi due anni, secondo i dati degli ospedali, l’incremento di accesso agli ambulatori o al pronto soccorso oscilla tra il 78 e il 150 per cento: disturbi del comportamento alimentare, autolesionismo, depressione, tentativi suicidari. C’è da fare, appunto. Noi ci proviamo, attraverso la nostra associazione».
Paolo Kessisoglu forma una coppia di lungo corso con Luca Bizzarri, è una persona di rara sensibilità, ha radunato alcuni amici attorno ad un progetto che punta a fornire un vero e proprio contributo ad un disagio tanto connesso alla nostra cultura quanto sommerso, persino trascurato: «Collaboriamo per ora con due ospedali: Gaslini a Genova e Niguarda a Milano. Con il Gaslini lavoriamo da più di un anno, occupandoci del fenomeno hikikomori, i giovani che si autoescludono e isolano dal mondo, in continua e preoccupante crescita. Abbiamo raccolto fondi con un’altra associazione benefica genovese, “Occupy Albaro” e in questo modo il Gaslini ha potuto creare una equipe formata da uno psicologo e due educatori che si reca a domicilio di chi non esce dalla propria stanza e che necessita di un sostegno specifico. Con l’ospedale Niguarda stiamo invece creando un protocollo che attualmente non esiste. Quando un giovane manifesta un disturbo profondo non è prevista una vera e propria modalità di intervento. Invece serve un approccio a 360 gradi, con immediato intervento di un neuropsichiatra, di uno psicoterapeuta, di educatori che possano trattare sia il o la giovane, sia la famiglia, spesso impreparata e sola di fronte al disagio. È un servizio che manca per assenza di fondi dedicati. “C’è da fare” punta a organizzare e sostenere una sorta di task force che possa far fronte alle frequenti richieste di aiuto».
A Kessisoglu, l’idea di dedicare energie e risorse a chi ha si trova nei guai è emersa nel 2019, poco dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, la sua città: «Composi una canzone dal titolo “C’è da fare”. La scelta era voluta, desideravo trasmettere una sorta di slogan che potesse riguardare non soltanto il dramma conseguente al crollo del ponte. Fu qualcosa che mi restituì una enorme energia: se provi a colmare un vuoto, anche piccolo, in maniera totalmente disinteressata, ricevi in cambio una quantità di sensazioni positive. Da te stesso, dalle persone che con te si muovono nell’identica direzione. Sto parlando di un sentimento quasi egoistico, che fa star bene e che ha comunque un senso compiuto. Più tardi, durante la pandemia, ho avuto modo di informarmi su questi numeri spaventosi che riguardano il disagio giovanile e mi sono ripromesso di continuare ad occuparmene in qualche modo».
Il «modo» è legato allo sport. A una corsa ciclistica che dura 24 ore e si disputa a Feltre, quest’anno il 9 e 10 giugno. «Il nome della corsa – spiega Kessisoglu – è “Castelli 24 Ore”. Castelli è una azienda che realizza materiali tecnici per i ciclisti, è il nostro sponsor insieme a Banca Mediolanum e Rudy Project. Si pedala lungo un circuito cittadino disegnato nel centro storico sino allo sfinimento. Ogni squadra è composta da circa 12 atleti. Via alle 21 del venerdì, chiusura alle 21 del sabato. Per i team e che corrono a scopo benefico, come noi, il numero degli atleti può salire a 16. Ho chiamato campioni di sport diversi. Olimpionici, detentori di titoli mondiali che hanno sposato la causa con entusiasmo, ai quali va la nostra gratitudine. Durante la “24 Ore” sarà attivo un piccolo stand gestito da Occupy Albaro dove mangiare un pezzo di focaccia e bere un bicchiere di bianco, a sostegno di “C’è da fare”. Tutti noi promuoveremo l’iniziativa e il nostro sito web dove è possibile già ora fare una donazione. In aggiunta, Lorenzo Jovanotti ha destinato a “C’è da fare” i proventi relativi al cappellino e alla t-shirt “Aracataca”, creati in seguito al suo viaggio sudamericano in bicicletta. È un aiuto importante di fronte ad un problema la cui entità credo non sia chiara a molti. Nella nostra società c’è un buco lasciato aperto. Non a caso tante persone si sono raccolte attorno a noi. Significa che manca un punto di riferimento. Il fatto di costituire un polo, una rete utile, è ciò che più ci interessa: tutto ciò che può cancellare la solitudine amplificata dalla sofferenza».
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23 maggio 2023 (modifica il 23 maggio 2023 | 00:12)
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