Un problema reale (il caro affitti), conosciuto da tempo si trasformato nel grido contro una generazione che non sa fare i sacrifici. Ma nessuno pretende di avere la casa gratis
Non era difficile prevedere che quella prima tenda isolata, davanti al Politecnico di Milano, sarebbe diventata un simbolo, poi una protesta, dunque la prima voce di un coro che ha sollevato un problema che c’era gi, nonostante fossero in molti a non vederlo. Il caro affitti, negli ultimi mesi, stato pi volte un problema. Cos come le case che costano tanto, i tassi dei mutui alle stelle. Quando per, quello dei canoni da 600-700 euro per le stanze a Milano diventato un tema legato a una generazione – quella che per forza di cose i soldi deve chiederli ai genitori –, l la questione che metteva d’accordo un po’ tutti diventata uno scandalo: si trasformata nel grido di una generazione che non sa che cosa siano i sacrifici.
Che vuole la casa, l’affitto gratis, la comodit, il lusso. Ore e ore di televisione a dire che i giovani oggi non si accontentano pi, che rincorrono il comfort. Il fascino di tirare fuori l’Ai miei tempi…”, come si fa puntualmente per parlare dei pi giovani (vi ricordate la questione stagionali? Non si trova personale, ai miei tempi si faceva qualsiasi lavoro…). Ore autocelebrative, di chi in queste ore approfitta dell’occasione per raccontare la sua vita da fuorisede: le ore di viaggio in treno negli anni Settanta (si fanno sempre, i treni ci sono ancora), o le case divise in sette per poter pagare un affitto sostenibile (pure i coinquilini non si sono estinti).
Nessuno pretende di avere le case gratis, di averle nella via parallela all’universit. Ma chi ha messo in piedi quel can can delle tende lo ha fatto semplicemente per sollevare un problema che a tutti noto e che molti, da tempo, denunciano. E mica solo giovani. Quanti neoassunti da mesi si lamentano dell’impossibilit di trovare case a un prezzo sostenibile a Milano? O sono spariti i lavoratori, i trasferimenti da una citt all’altra, le coppie di fuorisede che vivono a distanza e di colpo il tema diventato la lagna degli studenti che non si accontentano pi? Il problema che puntualmente, e soprattutto se ad alzare la voce sono i ragazzi, ci prende questa voglia matta di dividere, piuttosto che di unire. Di considerare le istanze dei giovani capricci e tutti gli altri problemi seri. Mai una volta che si possa andare a braccetto, neppure di fronte a una questione concreta, come mi pare concreto il fatto che nelle grandi citt si spaccino garage ammuffiti per case abitabili (scartabellare tra gli annunci per credere) o che stanze in zone per nulla centrali che una volta costavano 300 euro al mese ora abbiano visto raddoppiare il canone.
Non faccio il paladino dei diritti dei miei coetanei, mi sono spesso dissociato da proteste e atti simbolici che mi sembravano totalmente campati in aria, persino controproducenti: i giovani che bloccano le strade, quelli che imbrattano quadri ed edifici… Me ne sono sempre tenuto lontano, intanto per il fatto di non condividerne i metodi, ma soprattutto perch non mi mai stato chiaro – al netto dell’urgenza della questione ambientale – quali strade proponessero di seguire. Qui invece la questione diversa, il problema reale, tanto che chi sta in tenda per lanciare un messaggio ha messo in fila dieci proposte per affrontare la crisi abitativa, che vanno dalla leva fiscale al contrasto degli affitti in nero.
Eppure no. Schizzinosi, snob, bamboccioni. Autorevoli pensatori fanno notare in lunghi editoriali che in Italia ci sono grandi questioni sociali aperte e che questa non definibile urgenza. Curioso che si dica questo dopo aver perso settimane a seguire i loro talk show in tv sull’armocromista di Elly Schlein o i giorni che si avvicinavano al 25 Aprile a chiedersi se il governo – nonostante le 900 domande sul tema gi rivolte alla Presidente del Consiglio – sia o non sia fascista. Alla fine la questione delle tende finir, si volter pagina, salvo poi vedere il tema ritornare in voga quando per, a riportarlo alla ribalta, sar un esponente politico con i dati Istat. Mica quattro ragazzi che manco sanno cos’ il sacrificio. E allora si ricomincer a dire “Ai miei tempi…”. S, ma nella versione opposta: ai miei tempi tutto costava meno. Tutto era pi bello (anche la musica!). E fra l’altro i giovani sapevano pure alzare la voce
13 maggio 2023 (modifica il 13 maggio 2023 | 12:18)
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