A Pechino si aprono le «due sessioni» parlamentari annuali. Il monito ai banchieri: basta «edonismo»
Messo agli atti con un piano poco convinto e ancor meno convincente il tentativo di presentarsi come pacificatore tra Russia e Ucraina, sono le sottigliezze della «democrazia con caratteristiche socialiste cinesi» che da oggi assorbiranno Xi Jinping per un paio di settimane. È tempo di «
lianghui
», che significa «due sessioni» ed è il nome in gergo per la rappresentazione politica che si inaugura tra squilli di tromba e grandi coreografie nella Grande Sala del Popolo su Piazza Tienanmen. Una volta all’anno a Pechino sono convocati il Congresso Nazionale del Popolo, che è il parlamento composto da circa 3 mila delegati, e la Conferenza Politica Consultiva, che riunisce circa 2 mila tra lavoratori, tecnocrati, letterati, sportivi, anche imprenditori milionari
(la società civile in versione mandarina).
Oggi, 4 marzo, cominciano i lavori della Conferenza consultiva, domani tocca al Congresso/parlamento. Le decisioni strategiche sono già state tracciate in segreto dal vertice comunista, i deputati applaudono e mettono il timbro.
Verrà comunicato domenica l’obiettivo di crescita del Pil per il 2023: dopo la massiccia ripresa dell’attività industriale a febbraio (record da dieci anni), gli analisti scommettono che Pechino fisserà una crescita superiore al 5%. Un segnale di notevole fiducia, visto che nel 2022 per la prima volta i pianificatori comunisti non hanno mantenuto la previsione di espansione «intorno al 5%» e si sono dovuti accontentare di un 3%, modesto per i sogni di gloria mondiale del Partito-Stato. Il disastro del Covid sembra alle spalle, la Cina sta ripartendo.
Altro momento chiave sarà la presentazione dei nuovi membri del governo centrale (il Consiglio di Stato) e in particolare dei compagni che gestiranno i dossier economici.
A Xi verrà attribuito il terzo mandato da Presidente della Repubblica popolare, dopo che il XX Congresso comunista lo scorso ottobre gli ha dato per la terza volta la carica di segretario generale.
Xi resta e gli uomini del governo cambiano. Va in pensione il primo ministro Li Keqiang: sta per compiere 68 anni, età che segna il ritiro dalla vita politica (Xi di anni ne ha quasi 70, ma è il fuori quota per eccellenza).
Il nuovo premier sarà Li Qiang, 64 anni a luglio, chiamato a Pechino da Shanghai, dove si è distinto come dirigente favorevole allo sviluppo del business. La scelta del primo ministro è un ulteriore segno di forza di Xi, perché Li Qiang non ha esperienza nel governo centrale.
Però, come ricorda la analista Yu Jie di Chatham House, Li Qiang ha governato le province del Fujian e dello Zhejiang, potenze economiche e commerciali; ha aperto le porte alla prima fabbrica cinese della Tesla e trattato con Alibaba ai tempi d’oro di Jack Ma. Quindi, sa lavorare con l’estero e con l’industria privata. Il presidente gli ha affidato l’impresa di rilanciare l’economia e la fiducia internazionale nel mercato cinese e di stabilizzare uno «sviluppo di alta qualità».
Cambieranno i vicepremier economico-finanziari, i ministri della sicurezza, forse il governatore della Banca centrale: resteranno comunque degli esecutori della visione del segretario generale comunista e del suo strapotere.
Xi ha appena annunciato piani per «approfondire le riforme strutturali» nel settore finanziario e accrescere il controllo statale nei settori della scienza e della tecnologia, strategici nella sfida di potenza con gli Stati Uniti. Ha anche richiamato all’ordine i banchieri, ordinando di purificare il loro stile di vita da «edonismo» e cattive influenze occidentali.
In arrivo un nuovo Commissario al regolamento del mercato azionario (la Consob mandarina): dovrebbe essere Wu Qing, 57 anni, anche lui pescato a Shanghai dove era stato vicesindaco e si era guadagnato il soprannome di «macellaio dei broker»: le sue inchieste sulla Borsa hanno fatto chiudere una trentina di agenzie di intermediazione dei titoli.
3 marzo 2023 (modifica il 3 marzo 2023 | 21:25)
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