Ci sono casi in cui sarebbe bene che i messaggi restassero lontani dai riflettori. Come quello della solidariet “passiva aggressiva” della premier Meloni a Michela Murgia, che ha deciso di portare la sua malattia al centro della scena, anche quella politica
Sette e Mezzo la rubrica di Lilli Gruber sul magazine 7. Ogni sette giorni sette mezze verit. Risposte alle vostre domande sull’attualit, il mondo, la politica. Questa puntata uscita sul numero di 7 in edicola venerd 19 maggio. La proponiamo online per i lettori di Corriere.it
Cara Lilli,
sono rimasta molto colpita, e con me credo molti altri, dall’intervista rilasciata da Michela Murgia ad Aldo Cazzullo. La serenit e la lucidit con cui la scrittrice parla della sua malattia, un tumore al quarto stadio, sono sconcertanti. Spera inoltre di non morire con Giorgia Meloni, a cui ha sempre fatto una dichiarata opposizione civile, al governo. Ho trovato per terribile il cinismo con cui la presidente del consiglio le ha risposto. Finge di essere solidale, ma in realt con quel suo dirle che rester a lungo al governo, dandole un motivo per vivere di pi, la deride.
Raffaella Ricca
Cara Raffaella,
Michela Murgia ha rivelato ancora una volta di essere una donna straordinaria, una persona autenticamente libera in un Paese troppo spesso conformista e prono al potere. Raccontando il suo dramma personale, ha saputo e voluto contribuire con coraggio al dibattito politico e civile, senza rinunciare al ruolo di intellettuale e di “sentinella” delle coscienze che cos bene sta interpretando da anni.
La sincerit e la capacit di inquadrare l’esperienza di una malattia feroce come il cancro nel contesto pubblico e politico dimostrate da Murgia non consentono chiose e commenti, ma obbligano al rispetto. Cos non stato, n per i giornalisti, n per i politici che si sono sempre distinti per cattiveria e crudelt nei suoi confronti, e ora si sono riscoperti “umani”. Prendiamo l’esempio della reazione pi rilevante, quella della premier Meloni. Tra le molte cose affidate all’intervista, Murgia ha affermato di sperare di morire quando Giorgia Meloni non sar pi presidente del Consiglio perch il suo un governo fascista. A stretto giro, la premier ha scritto un post su Facebook: Spero che lei riesca a vedere il giorno in cui non sar presidente del Consiglio perch io punto a rimanere a fare il mio lavoro ancora per molto tempo.
C’ chi, nella stampa, ha colto in queste parole un augurio sincero e chi, come Selvaggia Lucarelli, ha detto che la premier con un post passivo-aggressivo si voluta fingere compassionevole, buttando per l il sottotesto ‘fattene una ragione, bella mia, io vivo a lungo e governo a lungo, tu boh’.
Nel dubbio, se proprio avesse voluto esprimere la sua solidariet a quella che considera un’avversaria politica ma che solo una tenace intellettuale, Giorgia Meloni poteva farlo nell’unico modo possibile: lontano dai riflettori con un messaggio privato. Invece col suo post ha anche scatenato la reazione ampiamente prevedibile degli odiatori da tastiera che hanno inondato i social di commenti irricevibili, carichi di odio, violenza e rabbia contro la scrittrice. La premier tace quando dovrebbe parlare (per esempio rendere conto ai giornalisti della sua azione di governo): stavolta invece ha parlato quando sarebbe meglio tacere. In fondo una questione di stile perch non c’ bisogno di avere sempre l’ultima parola. Il sospetto che non sia lo stile di Giorgia Meloni.
19 maggio 2023 (modifica il 19 maggio 2023 | 07:38)
© RIPRODUZIONE RISERVATA