L’incidente il primo maggio nella selva di Caqueta. La madre morta nell’incidente ma i figli si sono salvati. La più grande ha 13 anni.
«Lesly ha 13 anni, è la più grande, la più forte, è lei che sta guidando il gruppo: è intelligente come il fratello Soleiny di 9 anni, ma ci sono spiriti della foresta che li tengono prigionieri», aveva detto lo zio Fidencio Valencia un paio di giorni fa, dopo che «il miracolo» annunciato dal presidente della Colombia Gustavo Pedro mercoledì («li abbiamo trovati, stanno bene») si era rivelato una bufala.
I cento militari che insieme con decine di locali, elicotteri e cani molecolari stanno cercando quattro bambini dispersi dal primo maggio nell’immensità della selva di Caqueta hanno detto di aver trovato tracce fresche nel fango, giovedì: «Orme di piccoli piedi scalzi, un segno di speranza». I
quattro Pollicini dell’Amazzonia (hanno lasciato pezzi di tessuto e su una foglia gigante un paio di forbicine viola forse per attirare l’attenzione dei soccorritori) conoscono le insidie della giungla (giaguari e serpenti velenosi) perché ci sono cresciuti: sono tra i mille sopravvissuti dell’etnia Huitoto, anzi Muinane (un sottogruppo che conta 547 abitanti) il cui nome significa «Popolo della foce».
E magari fossero arrivati là dove un qualche fiume finisce, così che ritrovarli sarebbe stato più facile: invece erano in cielo sopra la marea verde quando l’odissea è cominciata, all’alba di venti giorni fa. Con la mamma Magdalena stavano volando da Araracuara a San José del Guaviare per riunirsi al marito della donna, Manuel, padre dei due figli più piccoli: Tien Noriel, 4 anni, e la piccola Cristin di appena 11 mesi. Il piano familiare era stabilirsi in città, forse nella capitale Bogotà, lontano da quella foresta che li ha riagguantati in modo crudele. Il motore del piccolo Cessna 206 in avaria, il pilota che fa in tempo a lanciare l’allarme prima che il velivolo si tuffi giù in picchiata.
A 200 chilometri dalla destinazione hanno ritrovato i rottami, quindici giorni dopo, martedì 16. E tre corpi senza vita, nella parte anteriore dell’aereo: il pilota, Hernando; Herman, il direttore della Fondazione indigena Yetara; la mamma. Ma di Lesly e degli altri bambini nessuna traccia.
Forse avranno atteso (purtroppo non abbastanza), prima di mettersi in cammino. Saranno rimasti per un po’ accanto alla madre, che pure da morta avrà dato loro un filo di conforto. Come il filo di voce che i soccorritori hanno «lanciato» da un ripetitore posto sulla pancia di un elicottero, con un raggio di ascolto di 1,5 chilometri. La voce di nonna Fatima che, in mezzo ad alberi alti 40 metri, in lingua Huitoto ripete: «Restate dove siete, veniamo a prendervi».
Nulla potevano sapere i soccorritori sulle condizioni fisiche dei Pollicini, che pure hanno lasciato nella selva qualche altro sassolino: frutti smangiucchiati, un indumento, «letti» di frasche e un biberon che fa pensare al destino di Cristin, 11 mesi di cui 20 giorni nella selva. «Conoscono le piante, avranno recuperato qualcosa da mangiare», aveva detto zio Fidencio. Condizioni meteo proibitive con piogge torrenziali, gruppi armati che non hanno mai accettato la tregua decisa dalle Farc nel 2015. Un posto fuori dal mondo, da cui mercoledì era trapelata la notizia che i quattro erano stati salvati ed erano su una barca diretta a Puerto Cachiporro, 500 km a sud di Bogotà. La barca è arrivata, ma dei bambini non c’erano. Il presidente della Repubblica ha dovuto ritirare il messaggio di giubilo su Twitter. L’immensità della selva, il tempo che passa, un Paese intero che ha sperato di alzarsi questa mattina con un desiderio esaudito: spiriti della foresta, fateli tornare.
20 maggio 2023 (modifica il 20 maggio 2023 | 22:42)
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