Il compositore: «Applico il ritmo narrativo pop ai libretti, ribaltandone i canoni e trasformandola. Un sacrilegio? Bisogna stimolare la curiosità dei ragazzi»
Elisabetta ha due anni quando papà litiga con mamma accusandola di essere lussuriosa e pure strega. Ne ha tre quando, sempre il papà, il re Enrico VIII, fa tagliare la testa alla mamma, la regina Anna Bolena, e il giorno dopo si fidanza con la sua nuova fiamma, Jane Seymour. E inoltre, a scanso di equivoci e in vista di futuri eredi, dichiara la bimba illegittima. «The bastard», la bollò papa Pio V, paladino dell’altra regina, la cattolica Maria Stuarda che, durante una lite con la cugina terribile, quell’epiteto crudo glielo griderà in faccia. Uno scontro di regine evocato in una delle scene clou di Bastarda, primo esperimento di opera lirica seriale, dal 21 marzo al teatro La Monnaie di Bruxelles, riscrittura contemporanea della vita della sovrana più famosa della storia realizzata dal compositore Francesco Lanzillotta a partire dai quattro titoli di Gaetano Donizetti ispirati ai Tudor: Elisabetta al Castello di Kenilworth, Anna Bolena, Maria Stuarda, Roberto Devereux.
«Una maratona di hightlits, più alcune parti musicali che ho composto, a volte in stile Donizetti, altre secondo il mio», spiega Lanzillotta, sul podio di questa opera-pastiche. Sei ore di musica, ma anche di prosa, danza, video, divise in due serate e scandite in 13 episodi. «L’idea è di Peter de Caluwe, direttore generale e artistico del teatro belga. Colpito dal successo planetario di serial come I Tudors, The Crown
, ha pensato di sperimentare quel ritmo narrativo pop anche all’opera. Ribaltandone i canoni e trasformandola a sua volta in una sorta di serie tv». E quindi oltre a una nuova partitura, c’è un nuovo adattamento drammaturgico, firmato da Yann Apperry e Olivier Fredj (quest’ultimo anche regista dello spettacolo) per riportare alla sensibilità dei giorni nostri la farraginosa epopea dei libretti, stabilire connessioni tra un titolo e l’altro, ricucire i fili con l’intervento di attori. «Tutto si sviluppa come in una serie: flash back, salti temporali, azioni in parallelo. Elisabetta bimba, adulta, anziana convivono sulla scena. Lei bambina, interpretata da una piccola attrice, è sempre presente». Monumentale e spericolato, il progetto conta tre anni di preparazione, due mesi di prove, una compagnia di oltre cento persone, un guardaroba da far invidia a qualsiasi regina: 110 costumi di broccati e velluti, 60 paia di scarpe, cascate di collane, bracciali e corone strabilianti.
«Sovrana intrepida, risoluta nell’affrontare guerre e conflitti religiosi, illuminata promotrice della Golden Age, Elisabetta I è stata anche la regina dell’apparenza. Regina vergine, pur se con tanti amanti, sposata solo con il suo popolo, l’immagine che l’aveva fatta assurgere al rango di una divinità». Un mito costruito con abilità anche attraverso il trucco: la pelle resa chiarissima dalla biacca stesa per coprire le tracce del vaiolo, le labbra rosso fuoco, le parrucche rosseggianti esagerate diventano il look di un’eterna giovinezza legata alla sua apparente purezza sessuale. «Tra i momenti più impressionanti c’è l’ingresso di Elisabetta. Finito il prologo, la sovrana entra dalla platea, sale il ponticello che passa sopra la buca dell’orchestra, si avvia verso il trono per l’incoronazione. E il pubblico in sala diventa quello del suo trionfo». Ma l’opera seriale non rischia di far gridare al sacrilegio, di aprire varchi pericolosi nella lirica? «La Monnaie è un teatro che ama rischiare, in Italia nessuno oserebbe tanto. Ma bisogna tener conto della realtà, il mondo è cambiato, lo spettacolo non può restare fermo. Come proporre Traviata a un ragazzo che passa la giornata al cellulare? Quali elementi possono stimolare la sua curiosità? Le opere in genere sono lunghe, patiscono un linguaggio antiquato. Proporle integralmente rischia di allontanare un nuovo pubblico. Prendiamo esempio dal passato, quando, ai tempi di Rossini o Verdi le opere erano davvero lo spettacolo popolare per eccellenza e spesso venivano proposte a pezzi, una sera un atto, una sera l’altro… L’importante è che tutto venga fatto con rispetto. La musica di Donizetti qui non sarà integrale ma quel che si ascolterà verrà eseguito al meglio».
16 marzo 2023 (modifica il 16 marzo 2023 | 21:14)
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