La testimonianza di Vega Gori, 96 anni, ex dattilografa e staffetta nella Resistenza spezzina
«Il mio nome, Vega, l’ha scelto mio padre: quando sono nata era sera tardi e lui, guardando il cielo, ha riconosciuto la costellazione della Lira: Vega è la stella di prima grandezza. Il mio nome di battaglia, ‘Ivana’, invece l’ho scelto io, non me lo ha dato nessuno. Mi piaceva così tanto che poi anche mia nipote è stata chiamata così».
L’incontro con «Ivana»
Incontriamo Vega Gori, 96 anni, a La Spezia, nella casa dove oggi vive con la figlia. Tra le ultime testimonianze della lotta partigiana che si combattè nel territorio spezzino, Vega ha ancora una splendida memoria e per il «Corriere della Sera» ha ricostruito gli anni che la portarono ad «armarsi» di macchina da scrivere — e tanto coraggio per i suoi 17 anni — per unirsi a chi lottò per la Liberazione dell’Italia.
La famiglia e il padre anarchico
Vega nacque nel 1926 a Vicobellignano, frazione di Casalmaggiore (Cremona), terza figlia di Palmira Ciompi e di Giuseppe Gori, un «anarchico individualista» perseguitato dal Fascismo per non aver mai avuto la tessera del fascio. Per questa ragione la famiglia si spostò più volte fino ad arrivare, nel 1934, a Vezzano Ligure (provincia di La Spezia) dove Giuseppe Gori andò a lavorare per un breve periodo all’Oto (Oderno Terni Orlando) di Melara, prima di imbarcarsi per l’Australia, dove fu fatto prigioniero dagli inglesi.
L’entrata in guerra
Tre anni prima dell’entrata in guerra — il 10 giugno 1940 —, Vega prese la licenza elementare e divenne apprendista sartina. Il conseguimento del diploma come dattilografa arrivò durante gli anni della guerra (nel frattempo La Spezia è la terza città più bombardata d’Italia) per cercare lavoro come impiegata. Esperienza, questa, che la portò ad avere un ruolo attivo nella Resistenza.
L’attività segreta come dattilografa e staffetta
Poi arrivò il 25 luglio 1943, data della caduta del Fascismo, seguita dall’8 settembre, quando Badoglio annunciò la firma dell’Armistizio con gli Alleati. Vega aveva 17 anni e in casa sua iniziarono a riunirsi alcuni giovani della zona di Vezzano: all’inizio non accadde niente, si cantavano brani patriottici, si parlava a bassa voce; poi si iniziarono ad attaccare i volantini sui muri per convincere i giovani a non presentarsi alla chiamata di leva fascista. In primavera Vega decise di impegnarsi maggiormente: conobbe così Anelito Barontini, segretario del Partito comunista clandestino, che la introdusse a quello che sarebbe stato il suo «nuovo lavoro»: battere a macchina volantini, stampa clandestina, verbali del Comitato di Liberazione della Spezia o documenti delicati del Partito Comunista. Tutte queste carte sarebbero poi state consegnate — nascoste in borsa o sotto la camicetta — a chi l’avrebbe attesa in luoghi prestabiliti («Ci riconoscevamo solo per come eravamo vestiti e non sapevamo i nomi di nessuno», racconta nell’intervista Vega).
Verso la Liberazione
Dopo che Barontini uscì dalla IV Zona per andare verso Genova, il contatto fondamentale di Vega divenne Antonio Borgatti, detto «Silvio», segretario della Federazione clandestina del Partito Comunista e membro attivissimo del CLN (Comitato di liberazione nazionale) provinciale. Vega continuò a battere a macchina, e a fare la staffetta, fino ai primi di marzo del 1945, dopo aver lavorato in segretezza in luoghi diversi, persino in una capanna nei boschi sopra Vezzano Ligure. La donna non imbracciò mai le armi, ma svolse le sue funzioni dentro le SAP (Squadre Azione Patriottica; per questo motivo e per aver avuto il riconoscimento di partigiana, Vega è stata congedata con il grado di maresciallo). «Se non c’erano le donne la Resistenza non si sarebbe fatta. Le staffette erano tutte donne, erano pochi gli uomini che avevano quel ruolo, e avevano più paura delle donne, sapesse che fifa che avevano…». Ci racconta la donna. E poi: «La libertà è tutto: poter uscire, parlare, riunirsi, non aver paura di cercare lavoro con una tessera. La libertà è tutto».
Le sue memorie sono state raccolte nel volume «“Ivana” racconta la sua Resistenza» (Edizioni Giacché; 2013; scritto insieme alla figlia Maria Cristina Mirabello).
Il Museo Audiovisivo della Resistenza
Le immagini a corredo di questo video sono state gentilmente concesse dal Museo Audiovisivo della Resistenza (MaR) delle province di Massa Carrara e La Spezia (il museo ha sede a Fosdinovo, provincia di Massa Carrara). Un progetto nato nel 1994, su un’antica colonia per bambini, per iniziativa dell’ANPI di Sarzana (e in particolare del suo presidente Paolino Ranieri, 1912-2010) e in accordo con l’amministrazione comunale, per preservare la memoria delle province della Spezia e di Massa Carrara, decorate di medaglia d’oro al Valore Militare per il contributo dato dalle popolazioni alla riconquista della libertà e della democrazia.
Il Museo, inaugurato nel 2000, è «il primo museo di narrazione in Italia» ed è costituito da un’installazione audiovisiva e da supporti multimediali che restituiscono al pubblico le testimonianze video (i volti, le voci, le narrazioni dal vivo) degli ex e delle ex partigiane del territorio, dei contadini, dei deportati, degli internati, della popolazione tutta in lotta per la sopravvivenza; oltre a filmati e immagini storiche.
10 marzo 2023 – Aggiornata il 11 marzo 2023 , 20:07
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