La straordinaria rivelazione fatta dal professor Carlo Vecce dell’Universit di Napoli, grazie ad un documento inedito trovato nell’Archivio di Stato di Firenze. Era una profuga straniera, fu venduta ai veneziani. Il suo sorriso potrebbe essere quello della Gioconda
Dal nostro inviato
FIRENZE Sono una madre (di Leonardo Da Vinci), sono una schiava e sono una profuga straniera. Agli editor della Giunti deve non esser parso vero quando il serio biografo di Leonardo, Carlo Vecce, ha comunicato di aver in mano un documento di questo genere su Caterina, la madre del genio di Vinci. Il documento attorno a cui tutto ruota, comunicazione politica, romanzo intitolato Il sorriso di Caterina, viene dall’Archivio di Stato di Firenze e data sei mesi dopo la nascita di Leonardo. In esso messer Piero da Vinci affranca la donna dalla servit, la libera dall’esser schiava. Nel caso di Leonardo possiamo proprio dire che il padre certo mentre la madre sempre pi incerta nel suo profilo.
Che fosse la domestica di casa e che il piccolo fosse nato fuori dal matrimonio cosa nota, tanto che molti decenni dopo, alla morte del padre, Leonardo dovette lasciare Milano per Firenze per risolvere problemi di eredit davanti ai giudici. Davanti ai giudici era gi finito per sodomia e salvato da un Tornabuoni. Questa Caterina madre, schiava e straniera nata nei monti caucasici, quelli dell’Arca di No, e viene portata in Russia sul mare d’Azov, poi a Bisanzio che sta per cadere in mano ai turchi, poi a Venezia, quindi a Firenze, poi a Vinci, dove ha figli illegittimi dal padrone. Sei mesi dopo la nascita di Leonardo messer Piero Da Vinci la libera dal vincolo di servit: Filia Jacobi eius schlava sue serva de partibus Circassie.
Il documento data due novembre 1452 (Leonardo nato il 15 aprile). Questa schiava circassa era stata portata a Firenze da tale Donato, che viveva a ridosso della chiesa di San Michel Visdomini e commerciava in battiloro e tessuti per la cui lavorazione, a Venezia, ci si serviva di schiavi circassi. Lei era diventata sua domestica a circa 15 anni. Era poi stata presa in prestito come balia di Maria, figlia di ser Piero Da Vinci. Era pagata 18 fiorini all’anno, un prezzo molto alto perch, ritiene Vecce, era sostanzialmente la schiava sessuale di ser Piero. Questo Donato, quando muore nel ‘66, lascia tutto al Monastero di San Bartolomeo di Monte Oliveto, per il quale Leonardo dipinge la Annunciazione, che quindi forse si lega alla memoria della madre Caterina, schiava di Donato: Leonardo porrebbe se stesso come il Salvatore.
Nello sfondo di questo quadro vediamo una citt marina, navi, un paesaggio non toscano ma orientale, forse ispirato ai racconti che Caterina pu avergli fatto, forse la colonia veneziana della Tana (Azov, altra coincidenza con l’oggi) da dove partivano le navi di schiavi. Cos Caterina (fino ad oggi chiamata Caterina del Vacca 1427-1495 o Caterina di Piero Lippi secondo Martin Kemp) — sei figli in tutto —, liberata, potr vivere con Accattabriga Da Vinci e anche andare a morire a Milano, tra le braccia del figlio finito al servizio di Ludovico il Moro. Il 16 luglio 1493, infatti, uno scritto di Leonardo la fissa a Milano con lui. Quindi, come emerge dal Codice Foster II, l’anno dopo Leonardo annota le spese del suo funerale (costoso, 120 soldi). Viene sepolta a Milano, probabilmente presso la chiesa di San Francesco Grande, per la quale Leonardo dipinse La Vergine delle rocce.
Durante gli attuali scavi alla Caserma Garibaldi, davanti alla Cattolica, sarebbe emersa proprio la cappella dell’Immacolata concezione, quella della Vergine delle rocce. Caterina, per, non ha voce nel romanzo: sono le persone che incontra che la raccontano. Tutto balla sui due piatti della bilancia, quello del vero e quello del verosimilmente fondato — e questo richiede un po’ di tempo per valutarlo. Il libro una docu-fiction, senza note. Ma seguir una nuova Vita di Leonardo, scritta in forma saggistica, con note, dallo stesso Vecce (stesso metodo della Mazzucco per la figlia di Tintoretto e di altri). Una ipotesi di Caterina schiava araba era gi stata avanzata da Alessandro Vezzosi e da Martin Kemp con Pallanti. Difficile capire cosa abbia indotto uno studioso e saggista a dar notizia del ritrovamento di questi documenti attraverso un romanzo, esperienza narrativa comunque gi presente, con altri autori, nel catalogo Bompiani (gruppo Giunti).
La seriet del ritrovamento attestata da Paolo Gallizzi, studioso dell’Accademia dei Lincei e, quindi, il ponderoso romanzo che andremo a leggere non va confuso con le quotidiane fluviali interpretazioni della Gioconda, con i Leonardi esotici, detective e altre amenit di fiction (anche televisive). Sebbene anche Vecce non rinunci a ipotizzare che il sorriso delle donne Leonardo sia quello della madre (tanto che il romanzo si intitola Il sorriso di Caterina con immagine di copertina acchiappa lettori). Questo romanzo, che l’autore ha scritto rapidamente, durante i mesi del lockdown, si presenta come un romanzo epico, di cappa e spada, di pirati e prostitute dove il verosimile che si aggiunge al vero delle fonti serve per configurare i tasselli mancanti. Leonardo non il protagonista del romanzo; la matrice il dramma di Caterina da leggere, ovviamente, in controluce al presente. Per Giunti, che pubblica i fax simili dei codici di Leonardo e gi pubblic varie edizioni critiche dell’indimenticabile Carlo Pedretti, nonch la “Biblioteca di Leonardo” curata dallo stesso Vecce, il romanzo sulla madre di Leonardo una formula narrativa di modellazione dei documenti, una ibridazione letteraria che si inquadra nella divulgazione della figura di Leonardo. Carlo Vecce, Il sorriso di Catrina. La madre di Leonardo, Giunti, Pp.528, euro 19 in libreria dal 15 marzo
14 marzo 2023 (modifica il 14 marzo 2023 | 13:18)
© RIPRODUZIONE RISERVATA