Il governatore: noi primi contro il consumo di suolo. Per gli eventi estremi serve un piano su scala nazionale
Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna: si poteva evitare?
«Fin da lunedì eravamo consapevoli della portata eccezionale di questa ondata di maltempo, che — non dimentichiamolo — si è abbattuta sugli stessi territori già duramente colpiti a inizio maggio. Avevamo diramato l’allerta rossa e i sindaci avevano chiuso le scuole e chiesto a tutti di limitare gli spostamenti non necessari, scegliendo, dove possibile, di lavorare da remoto. Indicazioni che le persone hanno seguito, dimostrando senso civico e responsabilità. Purtroppo, ciò che poi è accaduto è stato un evento che non ha precedenti storici: in 36 ore è caduta la stessa pioggia di sei mesi. Il professor Cacciamani, direttore di Italia Meteo, ha evidenziato che un fatto di tali dimensioni a queste latitudini non ha precedenti».
Quasi 9 miliardi dei fondi per il dissesto nel 2018 non sono stati spesi…
«Non giudico il lavoro di altri. Una cosa, però, è certa — e non è il caso dell’Emilia-Romagna — in Italia spendiamo per riparare i danni dopo e non per la messa in sicurezza del territorio prima. Serve un piano nazionale adeguato al drastico cambiamento climatico».
Conte abolì Italia sicura…
«Non è il momento delle polemiche, in queste ore siamo impegnati a mettere in sicurezza le persone e assistere i 15mila cittadini costretti a lasciare le proprie case. Abbiamo più di 40 comuni alluvionati, 23 fiumi esondati, 280 frane devastanti, 500 strade chiuse totalmente o parzialmente, comparti economici in ginocchio, lavoro e imprese a rischio. L’unica cosa irreparabile sono le 14 vittime che si registrano al momento: terribile».
Come si sta comportando il governo?
«Finora abbiamo riscontrato massima disponibilità, da subito c’è stata piena collaborazione. Oltre alla gestione dell’emergenza, nella quale sono impegnati tutti i Corpi dello Stato e tantissimi operatori e volontari, che ringrazio uno a uno, stiamo lavorando coi ministri competenti a predisporre le misure necessarie: dai ristori e sostegni per famiglie e imprese, agli ammortizzatori sociali per lavoratrici e lavoratori, alla sospensione di mutui e scadenze fiscali. E alle condizioni per ripartire: non appena cadrà l’ultima goccia di pioggia, avvieremo la conta dei danni e la ricostruzione. Insieme alle parti sociali dell’Emilia-Romagna abbiamo messo a punto un documento con le misure che servono e insieme ai sindaci definiremo una piattaforma che già martedì illustreremo alla presidente Meloni, che ringrazio per la vicinanza. L’Emilia-Romagna è ferita ma si rialzerà. E lo faremo insieme, senza lasciare indietro nessuno».
Lei è stato accusato di aver cementificato il territorio.
«Guardi, non ho davvero un solo minuto per rincorrere autentiche bufale che abbiamo già smentito, come quella sui 55 milioni che non avremmo utilizzato: chi la ripropone se ne assumerà le responsabilità nelle sedi dovute. Quanto alla cementificazione, invece, si tratta di un problema reale, che in Emilia-Romagna siamo stati i primi ad affrontare approvando cinque anni fa una legge regionale sul consumo di suolo a saldo zero: abbiamo già stoppato nuove pianificazioni urbanistiche per oltre 11mila ettari di suolo, con la previsione di depianificarne altrettanti. Si tratta di una cura dimagrante senza precedenti. Da qui ai prossimi anni la priorità saranno la rigenerazione e il recupero dell’esistente, niente nuove costruzioni o nuovi quartieri. Serve, però, di più: oltre a fermare il cemento, occorre un piano nazionale che adegui strutture e infrastrutture a eventi estremi».
Avete ricevuto 190 milioni per fare 23 casse di espansione ma a regime ne funzionano solo 12.
«Negli ultimi tre anni abbiamo finanziato 4.557 interventi di difesa del suolo per più di un miliardo di euro: il 72% è stato ultimato. Quanto alle casse di espansione, 14 sono funzionanti, le altre nove sono o in progettazione o in esecuzione, o ancora in gara di appalto. Non sono certo dimenticate in un cassetto. Considerata anche la procedura prevista per ognuna: progettazione, appunto, valutazione di impatto ambientale, autorizzazione dell’ufficio Dighe e messa in opera».
Concretamente, quali sono le prime cose da fare?
«Ci sono priorità immediate: messa in sicurezza della fascia collinare e montuosa, del reticolo idrico, ripristino di infrastrutture e viabilità, comunità isolate da recuperare, ripristino di servizi. Ma quanto successo non compariva in nessuna serie storica e neppure negli scenari peggiori. Servono quindi nuove mappe, nuovi modelli, nuovi strumenti. Qui, al Tecnopolo di Bologna, li stiamo realizzando. In Emilia-Romagna abbiamo deciso di investire sul futuro. Dobbiamo però farlo come Paese».
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19 maggio 2023 (modifica il 19 maggio 2023 | 22:13)
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