Parla lo storico Roberto Balzani: nel 1870 il terreno paludoso era pari a 141 mila ettari, oggi ne restano 16 mila. Uno sforzo cominciato con la legge Baccarini del 1882
Il centro di Ravenna stato preservato fino a questo momento dall’alluvione grazie alla generosit degli agricoltori che hanno dato l’ok alla Prefettura: allagare i loro campi per far s che l’acqua risparmiasse il centro della citt.
Di seguito riportiamo l’intervista allo storico Roberto Balzani, che racconta come si presentava in passato l’area devastata oggi dall’alluvione e il lavoro di bonifica delle paludi che nell’ultimo secolo e mezzo ha interessato la zona.
Secondo i dati di un’inchiesta effettuata nel 1870, all’epoca il terreno paludoso in Emilia-Romagna era pari a 141 mila ettari. Oggi la parte residua delle Valli di Comacchio occupa 16 mila ettari. Le statistiche, citate dallo storico Roberto Balzani, parlano chiaro. Nel corso degli anni il lavoro di bonifica stato ingente e fruttuoso, anche se l’alluvione di questi giorni ha provocato danni a cui non sar facile rimediare. Docente di Storia contemporanea all’Universit di Bologna, sindaco di Forl per il centrosinistra dal 2009 al 2014, Balzani ha studiato con grande attenzione le vicende economiche e sociali della Romagna.
Lo sforzo di bonifica comincia dunque con l’Unit d’Italia?
In realt la prima irreggimentazione dei corsi d’acqua avviene durante il periodo napoleonico, a partire dal 1807, con l’avvio di un canale artificiale destinato a fungere da scolmatore del fiume Reno per evitarne l’esondazione, all’epoca frequente. il cosiddetto Cavo Napoleonico, completato poi nel corso del Novecento, che collega il Reno al Po e consente di regolarne il deflusso.
Quando riprendono le operazioni?
Decisiva a tal proposito la legge Baccarini del 1882, che prevede un forte intervento dello Stato anche per combattere la piaga della malaria. In seguito a quel provvedimento si procede alla bonifica dell’area paludosa situata a nord della Via Emilia, tra la costa e il Po. Basti pensare che all’epoca era occupata dalle acque la maggior parte della superficie del comune di Ravenna, che peraltro il pi esteso d’Italia dopo quello di Roma. L’iniziativa si deve ad Alfredo Baccarini, deputato romagnolo e ministro dei Lavori pubblici nel governo di Agostino Depretis.
Come si svolgevano i lavori?
In modo tradizionale, per colmata. Si impiegavano operai agricoli, gli scarriolanti, che trasportavano la terra nella zona paludosa con le loro carriole per alzare il livello del terreno. Era un lavoro molto duro e faticoso. All’epoca venne avviata anche la trasformazione delle paludi in risaie, poi abbandonata quando divenne possibile importare riso dall’estero a buon mercato. Nel Novecento poi vennero impiegate le idrovore a vapore per drenare le acque.
Fino a quando prosegue l’opera di bonifica?
Oltre la met del Novecento. Il fascismo vara nel 1924 la legge Serpieri e predispone un programma per la “bonifica integrale”, che decreta lo svuotamento delle aree paludose e la loro messa a coltura nell’ambito della cosiddetta “battaglia del grano” per l’autosufficienza alimentare dell’Italia. Ma gli investimenti del regime si riducono molto in seguito alla grande crisi del 1929. Poi, dopo la Seconda guerra mondiale, subentra l’uso massiccio del Ddt che permette di combattere efficacemente la malaria.
21 maggio 2023 (modifica il 21 maggio 2023 | 14:33)
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