La statunitense ha battuto agli Internazionali d’Italia la connazionale Pegula, numero 3 del mondo: «Sapevo che seguendo il mio percorso avrei ricomposto i pezzi della carriera»
Si prevede pioggia, oggi, al Foro Italico. Quella tuta intera, gialla, con cui Taylor Townsend ha deciso di scendere in campo negli Internazionali della rinascita, farà ancora più contrasto ed effetto. Il campo numero 12, uno degli ultimi costruiti all’interno del parco e quello in cui il contatto tra fan e atleti è più ravvicinato, sarà pieno di gente che in questi giorni ha letto la sua storia di riscatto: contro un sistema, contro i pregiudizi, contro un’ingiustizia. La giocatrice che sul circuito è fisicamente la più vicina a Serena Williams, anche se mancina, a 16 anni aveva un talento fuori dal comune, tanto da crescere tennisticamente a Boca Raton, in Florida, uno dei centri USTA (la federazione americana) più famosi: eppure, nel 2012 le fu fatto capire che — pur essendo la numero 1 a livello Junior — per rappresentare gli Stati Uniti allo US Open bisognava cambiare. Dimagrire, tornare nei parametri richiesti, e chissenefrega se si vincevano partite anche con 80 chili addosso. Non le fu concessa una wild card, nemmeno per le qualificazioni, nemmeno il rimborso per le spese di viaggio.
La notizia, già allora, viaggiava veloce, e quello che la USTA pensava potesse essere un provvedimento destinato a rimanere sotto traccia in realtà divenne un caso nazionale. La polemica divampò, nacque persino una raccolta fondi per farla partecipare al torneo: la federazione tornò sui suoi passi, rimborsando almeno le spese della trasferta a New York, ma ormai la figuraccia era fatta. E immaginate una ragazza di talento, di 16 anni, costretta a fermarsi non per un infortunio ma per il proprio aspetto fisico. Effetti moralmente devastanti, che portarono a un periodo buio nella vita di Taylor fatto di depressione, di voglia di lasciare il tennis. Il desiderio di rivincita, però, vinse su tutto. La classifica precipitò, nel 2016 in un torneo Itf perse contro una giocatrice di 69 anni, Gail Falkenburg. Nel 2019, quando nel frattempo Townsend era diventata una donna di 23 anni, tutto ricominciò proprio da Flushing Meadows e dal torneo per il quale non le avevano pagato neanche la trasferta: vinse contro Simona Halep, si prese i complimenti di Kobe Bryant e, sui social, utilizzò una frase del rapper Drake. «Sto comprando la casa di tutti quelli che mi hanno chiuso la porta in faccia». Al figlio dello stesso rapper, ora, vorrebbe insegnare a giocare a tennis, così come all’ex giocatore Nba Dwyane Wade.
Ma torniamo a Taylor, che nel 2021 si è fermata di nuovo. Stavolta non per la depressione, ma per diventare mamma. Altri chili, d’amore, ma chissà quanti hanno pensato che quel modo così diverso di giocare a tennis, fatto di così tante discese a rete, non si sarebbe più visto. E invece, dopo la nascita di Adyn Aubrey Johnson, Townsend è tornata in campo, in doppio — dove è entrata tra le prime 10 della classifica mondiale, in coppia con la canadese Leylah Fernandez — e in singolare, dove due giorni fa ha fatto fuori la connazionale Jessica Pegula, numero 3 del mondo prima che sua amica. «Sapevo che seguendo il mio percorso avrei ricomposto i pezzi della carriera. Ho posato un altro mattone sul mio cammino. Ora ho ancora più voglia di prima, non mi fermerò», ha detto dopo il match, in cui il pubblico di Roma ha tifato per lei. Quel «Go Taylor Go», oggi, si sentirà ancora, perché oltre a essere un talento, Taylor è un esempio per tanti.
13 maggio 2023 (modifica il 13 maggio 2023 | 10:02)
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