L’impunit dopo 14 anni, sotto accusa l’ex commissario Fiori nominato dal ministro Bondi. I lavori costati dodici volte di pi del preventivo
Chi ha avuto ha avuto ha avuto… / chi ha dato ha dato ha dato… / scurdmmoce ‘o passato…. Fedele all’antico adagio il tribunale di Torre Annunziata, quattordici interminabili anni dopo lo scandalo che indign gli archeologi di mezzo mondo, ha deciso gioved che gli stupratori del teatro di Pompei, perch d’uno stupro storico, edilizio e culturale si tratt, vadano prescritti. Un colpo di scopa e via. Sia chiaro: probabile che le motivazioni della sentenza, quando arriveranno, raccoglieranno il consenso dei giuristi. Di pi: diamo pure per scontato che dopo tanti anni di verbali, ispezioni, istruttorie, deposizioni, udienze, rinvii, ricorsi, controricorsi, carte e scartoffie senza arrivare a un traguardo (ci misero meno tempo i greci a costruire e decorare il Partenone: undici anni) i giudici non avessero altra scelta che chiuderla l. L’impunit per la scellerata ristrutturazione del teatro, costata tra l’altro dodici volte di pi di quanto era stato previsto, lascia comunque la bocca amara. Amarissima.
Il commissario
Era rimasto per secoli e secoli cos com’era, il teatro di Pompei devastato come il resto della citt romana dal terremoto del 79 dopo Cristo. Unico intervento, quello deciso poco meno di un secolo fa dal grande archeologo Amedeo Maiuri: una struttura leggera sui gradoni consumati dal tempo. Quando era in programma uno spettacolo ci posavano sopra delle tavole, finito quello le toglievano e tutto tornava come stava. Finch nel febbraio 2009 il ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi, allora tra i pi fedeli collaboratori di Silvio Berlusconi, decise di mandare a Pompei, uno dei tesori pi preziosi del nostro patrimonio, un commissario ad hoc. Si chiamava Marcello Fiori, aveva lavorato all’Acea di Roma, non sapeva praticamente nulla di archeologia ma passava per uno, come dire, sveglio ed energico. Quanto all’inesperienza di scavi o reperti greci o romani, lo stesso Bondi spieg alla Camera che non era poi cos importante: I soprintendenti svolgono davvero un lavoro straordinario e dobbiamo essere loro grati, perch se l’Italia ha mantenuto ed ha potuto tutelare il patrimonio storico-artistico in questi ultimi decenni lo si deve quasi esclusivamente al loro lavoro. La loro formazione e la loro missione, tuttavia, non quella di gestire i musei e le aree archeologiche, come avviene in tutti gli altri Paesi del mondo…. Auguri.
Le ruspe
Poco pi di un anno dopo il Corriere pubblicava un reportage clamoroso e agghiacciante di Alessandra Arachi: Gi il rumore non lascerebbe dubbi: i martelli pneumatici producono quelle vibrazioni perforanti inequivocabili. Ma poi basta scavalcare una piccola recinzione ed ecco che s, diventa complicato credere ai propri occhi. I martelli pneumatici diventano quasi un dettaglio nel terribile cantiere del Teatro Grande di Pompei, invaso da betoniere, bob kart, ruspe, cavi, levigatrici…. Dove si dovrebbe lavorare prudentemente con scalpelli e cazzuole, spiegava, gli operai si muovono in mezzo alle rovine come elefanti in una cristalleria.
L’accusa
Nella scia della denuncia, l’architetto Antonio Irlando, presidente dell’Osservatorio archeologico pompeiano scriveva al ministero mettendo sotto accusa lavori definiti nella tabella-cantiere “Restauro e sistemazione per spettacoli del complesso dei teatri in Pompei Scavi” che hanno sin qui comportato evidenti stravolgimenti dello stato originario soprattutto della cavea, che a confronto della documentazione fotografica precedente risulta completamente costruita ex novo con mattoni in tufo di moderna fattura. Di quelli che si usano sull’Appennino centro-meridionale per tirar su gli ovili. Mattoni posati su vistosi cordoli di cemento armato. Ma non bastava: per ospitare la prima rappresentazione in quello che era stato l’antico teatro e veniva oggi ripresentato come una specie di Arena di Verona del Mezzogiorno, ecco dietro la scena degli enormi container metallici per le attrezzature e i camerini dell’orchestra o degli eventuali attori. Container destinati a restare vergognosamente l per anni e anni fino alla loro rimozione decisa infine da Massimo Osanna, il soprintendente archeologo protagonista (col generale dei carabinieri Giovanni Nistri sul versante del ripristino delle regole) della rinascita dello straordinario sito archeologico, oggi affidato a Gabriel Zuchtriegel.
(C)Ave Canem
Orrori culturali e costruttivi a parte, doveva costare 449.882 euro pi Iva, sulla carta, quel teatro rifatto. Ne cost, come fu accertato dalla Corte dei Conti, 5.778.939. Uno sproposito. Che si and ad aggiungere ad altre spese stupefacenti di quella stagione. Come i 102.963 euro buttati per il censimento (il progetto si chiamava (C)Ave Canem) di 55 cani randagi che gironzolavano tra gli scavi lasciando le loro puzzolenti tracce anche sui mosaici: 1.872 a cane. Oppure i 55 mila spesi per farsi piantare tra le domus delle vigne antiche cos da produrre dalla cantina Mastroberardino mille bottiglie di vino targate Villa dei misteri Igt ritrovate dalla successiva soprintendenza nei magazzini. Per non dire di un indimenticabile video per Pompei viva dove si vedeva un ragazzino inquadrare un affresco della Villa dei Misteri dove una meravigliosa mulier attaccava a muovere la bocca e cantare una cover (in inglese) di Gloria Gaynor.
L’indagine
Sembr che dovesse essere punito severamente, quel costosissimo stupro al teatro. E parallelamente all’inchiesta aperta dalla magistratura part un’indagine della Corte dei Conti che a fine aprile del 2019 condann Marcello Fiori a pagare 400 mila euro di danni riconoscendolo responsabile, con altri, di essere passato sopra tutto, sopra le regole stabilite dalle stesse ordinanze di Protezione Civile, sopra le norme in materia di appalti, sopra il codice dei Beni Culturali, sopra le competenze e le preoccupazioni della commissione generale d’indirizzo e coordinamento, sopra i principi generali che comunque presiedono all’impiego di risorse pubbliche anche in regime derogatorio, sopra la prudenza…
La sentenza
La sentenza, a proposito della pretesa valorizzazione del nostro patrimonio artistico, paesaggistico e monumentale, fiss anche un principio: La valorizzazione del bene culturale non pu essere assimilata al mero “sfruttamento” dello stesso per fini di natura imprenditoriale-commerciale, n deve in alcun modo alterare le caratteristiche fisiche del bene o ridurne la fruibilit pubblica, posto che il bene culturale, e soprattutto quello archeologico che cristallizza la nostra storia, resta sempre il bene pubblico per eccellenza. Pareva allora che anche il processo per truffa ai danni dello Stato, frode e abuso d’ufficio potesse arrivare a compimento. Macch. Tutto prescritto.
19 maggio 2023 (modifica il 19 maggio 2023 | 23:23)
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