Sullo sfondo le elezioni regionali del 10 settembre e comunali a Mosca. A marzo le presidenziali. I dissidenti: «Il capo di Wagner gioca a spaventare»
«L’unico santo di questa stupida guerra è il Soldato russo, che è stato abbandonato al suo destino». La citazione proviene dal video dello scorso 13 maggio, diventato famoso per la sua faccia stravolta e l’urlo «Shoigu!» seguito dai consueti insulti rivolti al ministro della Difesa.
Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta
In Russia non esiste la figura dell’uomo della strada dimenticato da tutti. L’unico suo possibile equivalente è l’immagine del buon soldato, un mito nazionale protetto e tutelato fino all’eccesso da una legge che prevede condanne pesantissime per diffamazione dell’esercito. Per quanto pervasi dalla sua ira funesta, i messaggi quotidiani di Evgenij Prigozhin si reggono su un equilibrio sottile e battono spesso sugli stessi tasti. Certo, il fondatore della Brigata Wagner che di recente si è cambiato il soprannome, da cuoco a macellaio di Putin, forse esercitando una macabra autoironia, sostiene di essere l’unica persona che può salvare «i nostri ragazzi» dalla disfatta. Datemi l’esercito, se volete davvero vincere, afferma tra le righe.
Ma nelle sue sfuriate contro l’amministrazione del Presidente, mai contro di lui, esclude ogni attacco agli «uomini forti» dei Servizi segreti. Come se volesse rendere nota la sua scelta di campo. Con i «falchi» russi, come Nikolaj Patrushev e Igor Sechin, ma sempre contro le élite tremebonde e corrotte che a suo avviso stanno affossando lo Stato russo e ogni possibilità di vittoria in Ucraina. Senza mai fare una critica diretta a Vladimir Putin, che non sia qualche motto di spirito, come quello recente del «nonnetto», accompagnato però dall’augurio che possa campare a lungo.
Il fronte interno
Sono messaggi rivolti all’interno, sempre più frequenti e virulenti in quanto ignorati dai media di Stato, che nei suoi confronti hanno l’ordine di troncare, sopire, pubblicare solo gli aggiornamenti che fornisce dal fronte, le notizie insomma e non i commenti, che trovano eco maggiore all’estero. Stiamo entrando in un anno elettorale, vale la pena ricordarlo. Il prossimo 10 settembre si voterà in tutte le regioni, oltre che a Mosca per eleggere il nuovo sindaco. Una prova generale delle presidenziali, che si terranno all’inizio di marzo. Prigozhin dice molte verità. Sull’andamento a rovescio della guerra, volevamo cancellare l’Ucraina e ora invece tutto il mondo la ama, volevamo distruggere il suo esercito e lo abbiamo solo reso più potente. Ma anche molte bugie. Ieri ha infatti affermato di non avere alcuna ambizione politica.
Le sue ultime dichiarazioni invece vanno in direzione contraria a questo suo proposito. «Un conto è screditare l’esercito, il potere e qualcuno degli alti burocrati. Un altro è raccontare le cose come stanno per costringere le istituzioni a cambiare. Io voglio vincere perché amo la Russia e non vendo la mia Patria». Stanislav Kucher, giornalista famoso ai tempi della libera stampa e oggi analista politico, si lancia in un paragone suggestivo. «Prigozhin è un populista con l’immagine da patriota che sta tentando una operazione simile a quella che negli anni Venti fece Benito Mussolini in Italia. Si sente pronto a diventare il crisis manager di un sistema in affanno, prendendo sulle sue spalle ogni responsabilità».
La «Terza forza»
Il suo spazio di manovra, e di libertà, appare invece molto ristretto. Il progetto dal nome convenzionale «terza forza» è stato elaborato dagli strateghi del Cremlino nell’ormai lontano 2016, guarda caso a ridosso delle elezioni parlamentari, quando un gruppo di ufficiali reduci dal Donbass dichiarò di essere l’unica alternativa sia alla verticale del potere putiniano che all’opposizione liberale. Quando le cose vanno male, il falco che strepita e mostra cadaveri di soldati fa apparire il potere attuale come moderato. Prigozhin si appresta a diventare il volto o la voce di questa Terza forza.
Come nel 2016, esiste un problema di credibilità. Il macellaio di Putin non è certo una figura rassicurante. Proprio per questo, è utile per dimostrare che l’alternativa a Putin non esiste. «Con la sua dialettica aggressiva» sostiene Kucher, «è un ottimo candidato per dirigere un battaglione della morte, mentre i russi, compresa le élite, vorrebbero tanto vivere». Anche Abbas Gallyamov, ex autore dei discorsi di Putin ora dissidente in esilio, concorda su questo punto. «Al massimo può andare bene come deputato della Duma che arringa contro tutti. Ma la prospettiva di avere un presidente del genere potrebbe spaventare molti elettori, perché sarebbe il presidente dell’Apocalisse».
Il gioco dello zar
L’uomo nero Prigozhin serve a Putin, non solo sul campo di battaglia. Alla fine, potrebbe essere soltanto un ennesimo gioco delle parti. Pochi giorni fa si è svolto il congresso del partito «Russia Giusta Per la Verità» (RGPV), che in Parlamento recita da sempre il ruolo della finta opposizione. Il suo leader, Sergey Mironov, è considerato il megafono di Prigozhin, autore del disegno di legge che equipara i «wagneriani» ai militari delle Forze Armate russe. L’assemblea ha approvato all’unanimità l’ulteriore svolta ultranazionalista e ha cooptato nel suo direttivo molte persone vicine al gruppo mercenario. Forse è questo che intende Prigozhin quando dichiara di avere già vinto, comunque vada a finire. Ormai la politica russa si è «wagnerizzata». Quando comincerà un eventuale negoziato, ci sarà bisogno di dare voce al partito della guerra per sempre che rifiuta ogni compromesso. E al confronto, Putin sembrerà ancora una volta il Padre buono e ragionevole, che agisce solo per il bene del suo Paese
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26 maggio 2023 (modifica il 26 maggio 2023 | 08:28)
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