Il sergente Fedosiuk parla di Mariupol, la resa, la liberazione
DALLA NOSTRA INVIATA
VENEZIA – Dalle acciaierie di Mariupol a Venezia. Fa effetto vedere Arseniy Fedosiuk accanto alla moglie Yulia, sullo sfondo del Canal Grande. Lui un sergente del reggimento Azov, sopravvissuto a settimane di assedio e a mesi di prigionia. Lei, la donna che si era recata anche dal Papa a Roma insieme alla consorte del super comandante Prokopenko. per sensibilizzare il mondo sul destino dei soldati accerchiati nella citt simbolo della resistenza.
Malgrado le cicatrici della guerra Arseniy sembra un ragazzino, pi giovane dei suoi trent’anni. In realt ho la schiena di un vecchietto, sospira. Porta ferite nascoste. Appena liberato, sono stato operato di ernia racconta al Corriere
seduto in un angolo appartato della laguna. Interviene lei, studi di filosofia e trascorsi da assistente di un parlamentare del partito di Zelensky: Siamo stati in Israele due mesi per l’intervento e la fisioterapia. Ma la sua preoccupazione di non poter tornare a combattere.
I compagni
Arseniy, messa da parte la sua laurea in Storia, chiarisce: Torner al fronte, vorrei raggiungere il mio gruppo. Eravamo in 45 addetti alla ricognizione, alcuni sono ancora prigionieri. Il 18 maggio sar un anno che sono rinchiusi.
Ora la coppia in tour per incontri di raccolta fondi: Ci prepariamo alla controffensiva. L’equipaggiamento a Mariupol era all’avanguardia ma abbiamo dovuto lasciarlo nell’acciaieria. Un buon visore termico notturno, per esempio, costa 5 mila dollari.
Arseniy stato liberato l’ultimo dell’anno. Stavo perdendo la speranza – rievoca Yulia –. Poi la mattina del 31 dicembre arrivata la telefonata che mi ha cambiato la vita. Arseniy annuisce: Sono rimasto sorpreso anch’io, non immaginavo uno scambio di prigionieri a Capodanno. Sulla strada verso casa ho telefonato subito a mia madre. “Sono il regalo del nuovo anno”, le ho detto.
L’acciaieria
Partiamo dall’inizio, a Mariupol. Era aprile, non avevamo scampo e ci siamo imbarcati in una missione quasi impossibile: circondati nella riva destra del fiume, volevamo raggiungere gli altri asserragliati nell’acciaieria, nella riva sinistra. Una colonna di 200 di noi a piedi riuscita a farsi largo tra i russi di notte fino alla sponda. Altri ci seguivano in auto con i feriti. Poi sotto il fuoco dell’artiglieria loro hanno attraversato il fiume in barca e dietro noi a nuoto, con l’acqua a 5 gradi.
Raggiunta la riva sinistra, abbiamo dovuto affrontare alcuni uomini del Gru, i servizi segreti militari russi. In questa traversata molti dei nostri sono morti.
Una volta dentro l’acciaieria, quando ormai anche l’acqua dei macchinari stava finendo (mi puoi cercare un articolo su come sopravvivere il pi a lungo possibile senza bere acqua? scriveva alla moglie in quei giorni), arrivata la resa negoziata. Arseniy stato portato a Olenivka, vicino a Donetsk, teatro a fine luglio di una delle pi grandi stragi di prigionieri di guerra, secondo i russi effetto di missili Himars lanciati dagli ucraini e finiti nel posto sbagliato. Mi trovavo proprio l, nella colonia penale numero 52, quando c’ stato l’attacco. Ci sono sei-sette edifici in questa sorta di grande campo di concentramento. All’inizio eravamo in 700 dell’Azov, in 300 nel mio edificio, un posto da 25 metri per 15. Una mattina hanno trasferito 151 di noi in un ex laboratorio all’estremit del compound. Tre giorni dopo c’ stata l’esplosione. Erano le 11.30 di sera. Avevo sentito poco prima i lanciarazzi Grad che iniziavano a sparare. Li avevano disposti giorni prima lungo il perimetro della prigione: ci hanno usati come scudi umani.
Quei missili erano un diversivo osserva Yulia.
La trappola
Io riesco a capire da quanto lontano viene sparato qualcosa dal rumore che fa — riprende lui —. Quella sera dopo una dozzina di colpi si verificata la prima esplosione, all’esterno, a una quindicina di metri dal mio stanzone. Dopo una breve pausa i Grad hanno ricominciato a sparare. Dopo 6 colpi c’ stato il secondo, fatale, scoppio dentro l’ex laboratorio. Ma non stato un missile a colpirlo: avrebbe fatto un rumore molto forte mentre si avvicinava. Invece non si sentito nulla: stata un’esplosione, avevano messo una bomba all’interno.
Almeno in 54 sono rimasti uccisi. Quando i russi hanno pubblicato il video con i corpi a terra pensavamo che fosse un falso — ricorda Yulia —. Poi alcune donne hanno riconosciuto i loro mariti. Ricorda Olha Andrianova? Era con me e Katherina a Roma. Ecco, suo marito morto l.
Arseniy si rabbuia: I miei peggiori giorni a Mariupol sono stati migliori di quelli passati da prigioniero. Mi hanno torturato, fatto l’elettrochoc per estorcere confessioni. Non riescono a batterti sul campo e godono a torturarti. Avevo un forte mal di schiena e capogiri per la fame: ci portavano scarse porzioni di porridge a colazione e a pranzo e una zuppa per cena. La situazione peggiorata dopo il 27 settembre, con il trasferimento nel carcere duro di Tahanrog, in Russia. Quando stato rilasciato, mangiava a tutte le ore, anche di notte dice Yulia. Del resto per 4 giorni di fila — aggiunge lui — non sono riuscito a chiudere occhio.
16 maggio 2023 (modifica il 16 maggio 2023 | 08:09)
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