«Basta tassare il lavoro, questo modello non è più sostenibile con un numero sempre più basso di lavoratori, i salari bloccati e una crescita demografica ferma». Anche perché un Paese di lavoratori «con i voucher, a intermittenza e bassi salari rischia di avere lavoratori poveri che poi saranno pensionati poveri». Pasquale Tridico parla per l’ultima volta da presidente dell’Inps in una conferenza stampa di fine mandato e, facendo un bilancio dei suoi 4 anni alla guida dell’istituto, avverte dei rischi che corre e correrà un’Italia dove i pensionati saranno sempre più dei lavoratori: «Lo squilibrio tra entrate e uscite è il principale problema in termini di sostenibilità del sistema previdenziale italiano», e spiega quello che definisce «il problema dei baby boomers», cioè l’uscita dal mercato del lavoro dei figli del boom economico dei primi anni ‘60.
Uscita dei «baby boomers»
«È il problema pensionistico italiano – dice Tridico -: «La crescita della curva della spesa previdenziale continuerà a crescere fino al 2035; oggi stanno andando in pensione quelli nati nel 1960 anno che fu il `boom´ delle nascite nella storia della Repubblica con oltre un milione di nati e il boom di nascite è durato almeno fino al 1975». Ma ora con la crescita demografica ferma, nel mercato del lavoro entrano meno lavoratori di quelli che escono. In più lavori precari e salari bassi non sono in grado di sostenere il sistema pensionistico di oggi e di domani. Da un lato bisogna trovare, dice Tridico, «un terzo pilastro per i nuovi settantenni»: secondo una ricerca Kearney-Swg nel 2050 saranno il 70% della popolazione. «Finora – dice Tridico – abbiamo pensato che i pilastri fossero solo due: quello previdenziale pubblico e quello privato: in realtà sono tre, uno universale finanziato su base fiscale, un secondo pilastro che è previdenziale e che dipende dalla vita lavorativa di ciascuno di noi e un terzo integrativo privato, ma su cui si può esercitare anche il pubblico».
«Pensionati poveri»
Allo stesso tempo c’è il problema dei «lavoratori poveri e futuri pensionati poveri». «È evidente – riflette il presidente Inps – che oggi il sistema previdenziale si basa sul lavoro: quanto più il lavoro è stabile, quanto più è retribuito, tanto più la nostra pensione è più alta». Ma «i voucher invece hanno una contribuzione alla base del 13% mentre un lavoratore dipendente ha una contribuzione del 33%: si pensi a cosa vuol dire quando prenderà la pensione. Si troverà 20 punti percentuali in meno se vivrà solo di voucher o se vivrà di contratti intermittenti, a tempo, precari o con bassi salari». Allora, dice, «per combattere la povertà io preferisco intervenire ex ante, più che post».
Le cifre
Tridico snocciola poi i numeri dei suoi 4 anni alla guida dell’Inps, presentando il bilancio 2022 approvato martedì dal Cda«in avanzo di 23 miliardi» rispetto al 2021 con +8,1% di entrate contributive pari a 256, 138 miliardi e un risultato di esercizio positivo per 7,1 miliardi. E poi: «25 milioni di assicurati lavoratori, 42 milioni di utenti, 380 miliardi di spesa previdenziale e sociale l’anno, 10 milioni di assegni unici per i minori, 22 milioni di pensioni, 2 milioni di Naspi». Per l’emergenza Covid lo Stato ha speso 120 miliardi: «La Metà è transitata da Inps per circa 16 milioni di utenti in più». E poi ci sono state 12 mila assunzioni, «l’ente pubblico che ha assunto di più», 5 mila nell’ultimo anno; è stato internalizzato il contact center; sviluppato sempre di più il lavoro agile; aumentata la produttività – «prestazioni in 15 giorni contro i 6 mesi di quattro anni fa» -; raddoppiati gli investimenti in tecnologia.
Sono stati quattro anni, dice «molto difficili» in cui però «è stato dimostrato il ruolo centrale dell’Istituto nella vita economica del Paese: pandemia, crisi energetica, guerra hanno modificato completamente il bilancio e il ruolo dell’Istituto, dirigenti e dipendenti con il Cda hanno fatto di tutto per essere al servizio del Paese in un momento storico drammatico, il peggiore in tempi di pace che il nostro Paese abbia mai vissuto. Oggi si sa che dell’Inps non si può farne a meno».
E rivolge «un augurio ai nuovi vertici che verranno, perché troveranno un Inps migliore di quello che ho trovato».