1 bambino su 4 viene ricoverato e curato nei reparti degli adulti, circa l’85% dei pazienti tra i 15 e i 17 anni è gestito da personale non specializzato nell’assistenza ai soggetti in età evolutiva. Questo perché non esiste nel nostro Paese una legge nazionale che definisca sino a quale età gli adolescenti abbiano diritto a essere curati nei reparti pediatrici e la situazione è diversa da regione a regione e persino all’interno della stessa regione. L’allarme è lanciato dalla Società italiana di pediatria, in occasione degli “stati generali della pediatria” convocati al Ministero della Salute per fare il punto sulle criticità dell’assistenza pediatrica.
“Tutto questo non è accettabile. Come pediatri difendiamo la specificità pediatrica, ossia il diritto di bambini e adolescenti a poter essere curati in ambienti a loro dedicati e da personale specificatamente formato per l’età evolutiva” afferma la presidente della Sip Annamaria Staiano. “E’ ben noto che un ambiente e un’assistenza a misura di bambino rappresentino una parte integrante del percorso di cura. Questa situazione finisce per penalizzare i ragazzi, disorientare le famiglie e creare ingiuste discriminazioni legate alla regione in cui si vive”.
Garantire a tutti i minori il diritto alle cure pediatriche sino a 18 anni sia sul territorio sia in ospedale, senza differenze legate alla regione in cui si nasce e si vive, come già avviene in altri Paesi europei come Francia, Gran Bretagna, Olanda, Polonia e Svezia è quindi la prima richiesta che arriva a gran voce dagli stati generali della pediatria.
L’età pediatrica
Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e per la legge n.176 del 1991 l’infanzia include ogni persona sotto i 18 anni. Il diritto alle cure pediatriche nel nostro Paese si ferma “innaturalmente” a 14 anni, proprio in quella fase in cui l’adolescente è nel pieno delle modificazioni puberali e delle sue dinamiche evolutive. Dopo questa età, infatti, i bambini non possono più essere seguiti dal pediatra di libera scelta, ma finiscono in carico al medico dell’adulto (con l’eccezione per i bambini con patologie croniche che restano in carico ai pediatri sino a 16 anni).
Differenze tra nord e sud
Attualmente troppe sono le differenze su base regionale: se in Lombardia, Sicilia, Sardegna, Molise, dopo i 14 anni gli adolescenti in linea di massima finiscono nei reparti degli adulti, in Trentino- Al to Adige ciò avviene dopo i 15 anni; in Toscana dopo i 16; in Basilicata si è accolti nei reparti pediatrici sino a 17 anni, in Abruzzo e Veneto sino a 18. Nelle altre regioni l’età varia tra 14, 16, 18 anni a seconda degli ospedali. Così in Campania il limite è 14, con l’eccezione di Benevento dove è 18 anni; in Liguria dopo 16 anni si va nei reparti per adulti, ma a Savona ciò avviene già dopo i 15. Unica eccezione in questo panorama variegato sono gli adolescenti con patologie croniche, che in linea di massima hanno diritto alle cure ospedaliere pediatriche sino alla maggiore età.
Le principali problematiche
Cosa sta mettendo in crisi l’assistenza pediatrica nel nostro Paese, da sempre una tra le migliori al mondo? Molteplici le ragioni. La “fuga” degli specialisti dagli ospedali verso l’attività privata e il territorio, l’aumento di bambini con patologie croniche complesse che richiedono risposte assistenziali sempre più specialistiche, articolate e multidisciplinari; la persistenza di forti diseguaglianze di salute, accentuate dal Covid-19. Diseguaglianze che rischiano di peggiorare se non si adotteranno scelte politiche forti per ridurre tali distanze. Tuttavia, la pandemia ha anche permesso di scoprire le innumerevoli potenzialità dell’innovazione tecnologica e della telemedicina, che dovranno accompagnare il percorso di modernizzazione della pediatria.