Questione di salute, come è ovvio: ma anche di portafoglio – e di equità.
Nel giro di 12 anni, se non si interviene, metà della popolazione mondiale – più di 4 miliardi di persone – sarà classificata come obesa o sovrappeso. Lo dice un rapporto pubblicato dalla Federazione Mondiale Obesità, secondo cui il costo di questo fenomeno è calcolabile attorno ai 4mila miliardi di dollari (poco meno in Euro). Il tasso di crescita di peso più veloce sarà tra i bambini, geograficamente tra i Paesi più poveri di Africa e Asia.
La presidente della federazione, Louise Baur, è una pediatra australiana che studia e insegna presso l’Università di Sydney. La tendenza è “particolarmente preoccupante”, dice, aggiungendo che “i governi e i responsabili politici di tutto il mondo devono fare il possibile per evitare di trasferire i costi sanitari, sociali ed economici alle giovani generazioni”, valutando “i sistemi e i fattori di fondo che contribuiscono all’obesità”.
“L’obesità non è una colpa”, sottolinea Baur, “ma il suo impatto sull’economia globale è significativo, perché ammonta a circa il 3% del Prodotto Interno Lordo mondiale”.
Uno dei profili più interessanti del rapporto è peraltro la prevalenza del fenomeno nei Paesi a basso reddito. Nove Paesi su dieci con l’aspettativa maggiore di crescita di questo fenomeno globale sono Paesi a basso o medio reddito in Africa e in Asia. Le ragioni sono molteplici: lo spostamento delle abitudini verso diete a prevalenza di cibi grassi ed elaborati, il comportamento sedentario, politiche nazionali molto deboli di controllo del settore alimentare e del relativo marketing, servizi sanitari più esili le cui finanze non coprono interventi sui rischi dell’aumento di peso o sull’educazione alla salute.
Non c’è dunque contraddizione tra obesità e malnutrizione: sono entrambi fenomeni collegati alla povertà e alle disuguaglianze – del resto, il cibo pessimo costa meno di quello sano.
E in Italia?
Nel nostro Paese l’allarme si concentra in particolare sui minori. Ad oggi si stima che l’obesità sia presente nel 10% dei bambini, circa 700mila fra i 5 anni e i 15 anni. Di questi, oltre 150mila sono obesi gravi, solo una piccola parte a causa di un difetto genetico e per il resto invece in ragione di comportamenti alimentari scorretti.
La Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) è in procinto di pubblicare le nuove linee guida per il trattamento dell’obesità infantile e degli adolescenti, che annuncia di aver aggiornato anche alla luce delle recenti modifiche delle linee guida americane.
“L’obesità è caratterizzata da una alterazione della capacità di regolare il bilancio energetico in maniera efficiente, che altera il sistema fame e sazietà, con rischio di complicanze come diabete, patologie cardiovascolari, ipertensione, steatosi epatica e una riduzione di fatto della sopravvivenza”, si legge nel rapporto. Almeno il 40% dei bambini con obesità avrà ancora obesità in età adulta, con un aumento del rischio di mortalità nel lungo periodo.
Esistono nuovi farmaci utilizzabili già a partire dai 13 anni, spiegano i pediatri. Ma le medicine non sono una scorciatoia: alimentazione sana e attività fisica sono sempre il trattamento di prima linea per risolvere il problema, che non va ritardato proprio per evitare di arrivare all’uso di farmaci.